L’ironia Come Strumento Di Critica Costruttiva. Intervista Esclusiva Con L’autore Cosimo Scarpello. [L’IDEA Magazine]

L’ironia come strumento di critica costruttiva. Intervista esclusiva con l’autore Cosimo Scarpello.

Intervista di Tiziano Thomas Dossena

Ci incontrammo nello stand dell’Italian Trade commission al Book Expo di New York, ben quattro anni fa. Dopo una piacevole conversazione, ci lasciammo con la promessa di risentirci e di continuare i nostri discorsi con tutta calma. Avvocato, consigliere comunale, vicesindaco ma soprattutto autore di successo, Cosimo Scarpello ha portato un’aria di fresca ironia nell’ambito dell’editoria italiana con i suoi simpatici libri di saggistica, e recentemente ha pubblicato anche un ottimo romanzo, “La figlia mai avuta”. Cogliamo, quindi, l’occasione di riprendere la nostra conversazione interrotta a New York e di potere aggiornarci sulle sue attività.

L’IDEA: Sei passato dai libri di diritto e di legge a quelli di saggistica e poi al romanzo. Che cosa ti ha stimolato a fare questo passo?
Cosimo Scarpello: Durante la mia attività professionale come avvocato e la mia esperienza politico-amministrativa sono venuto a contatto con persone di ogni età e di ogni estrazione sociale. I problemi, le sofferenze, le aspirazioni e le ossessioni della gente, legate agli stili di vita del nostro tempo, sono state oggetto di mie continue e profonde riflessioni che a un certo punto ho deciso di condividere pubblicamente attraverso dei saggi divulgativi. Per quanto riguarda il romanzo, a ispirare la mia vena narrativa è stato l’animo umano con i suoi angoli più nascosti e i desideri più inconfessabili.

L’IDEA: “Impasseport” è una critica umoristica, a volte anche autoironica, del sistema visto dall’interno, dato che tu sei stato consigliere comunale e vicesindaco. Come l’hanno ricevuta i tuoi colleghi di allora? Questo libro ha influenzato in qualche modo la nuova amministrazione?
Cosimo Scarpello: È un libro nato quasi per gioco, con l’intento di descrivere, con lo strumento dell’ironia e del sano umorismo, alcuni momenti della vita politica di una piccola comunità. Una raccolta di strafalcioni linguistici, pronunciati dagli amministratori locali, con cui ho cercato di offrire al lettore un aspetto più gradevole di un mondo che viene continuamente denigrato e dal quale la gente prende sempre più le distanze. La maggior parte dei consiglieri comunali, allora miei colleghi, ha capito lo spirito goliardico della mia iniziativa e ha riso dei propri errori. Qualcun altro, più permaloso, si è sentito offeso e non mi ha rivolto la parola per molto tempo. L’opera ha avuto qualche effetto anche sulla successiva amministrazione, poiché c’è stato chi, durante i propri interventi nelle sedute dei consigli comunali, ha fatto più attenzione a ciò che diceva e soprattutto a come si esprimeva.

L’IDEA: “Stressbook” è un’intelligente analisi dell’influenza negativa dei ‘social networks’. Il libro ha avuto un discreto successo sia di pubblico sia di critica. Vorresti spiegare in breve qual è la tua posizione in merito a questo argomento e a che cosa miravi con la pubblicazione di “Stressbook”?
Cosimo Scarpello: Stressbook contiene delle riflessioni sul mondo di Internet e dei social network. La trattazione, che ha un taglio ironico in alcuni punti e più serio in altri, ha l’intento di evidenziare, attraverso una rassegna di banalità, idiozie e contraddizioni che imperversano sui social, l’influenza negativa della comunicazione virtuale sulle relazioni interpersonali. La mia opinione su questo argomento, pertanto, è drastica. In alcuni capitoli del libro invito i lettori a tenere alta la guardia contro le possibili degenerazioni di un cattivo uso della rete, come la pubblicazione di foto e video violenti, l’incitazione all’odio e le notizie false. Alcuni anni fa, quando in un’intervista a un quotidiano locale ho sostenuto che la rete sociale, essendo uno strumento privo di filtri, può generare violenza, le mie affermazioni sono state definite persino oscurantiste. Ma quello che accade oggi è sotto gli occhi di tutti: basta scorrere una qualsiasi pagina di Facebook per trovare violenze, turpiloqui, offese e minacce. Senza considerare, poi, che di recente le fake news hanno influenzato il voto in alcune tra le più importanti democrazie occidentali, tra cui l’Italia. I fatti, dunque, sembrano darmi ragione, anche se – credimi – rivelarsi dei buoni profeti, in circostanze come queste, ha un sapore più amaro dell’essere smentiti.

L’IDEA: Potresti parlarci un poco di “Perduti”, il tuo libro finalista al Premio Quasimodo? Ha delle similarità a “Stressbook”? Pensi che il tuo messaggio sia anche quello di molti di noi della vecchia generazione ai quali manca il contatto umano?
Cosimo Scarpello: “Perduti” trasmette un messaggio più ampio e più forte di quello di Stressbook, perché la critica qui non investe soltanto il mondo di Internet e dei social network, ma si estende a una serie di paradossi e di contraddizioni che caratterizzano l’epoca attuale. Il libro contiene un susseguirsi di riflessioni e di squarci di vita quotidiana che, attraverso un costante confronto con un passato non molto remoto,  hanno l’obiettivo di guidare il lettore verso l’amara presa di coscienza di un presente angosciante e di un futuro incerto. C’è tutto il disagio di una generazione, quella degli over 40, che improvvisamente si è ritrovata catapultata in un mondo surreale, governato dalle leggi del mercato, dalla finanza, dallo spread, da Internet e dai social network, in cui l’umanità sembra aver smarrito il senso dell’orientamento. Un mondo vittima di una crisi antropologica, prim’ancora che economica, dominato da valori alienanti che costringono uomini e donne del nostro tempo a vivere in una precarietà quotidiana con conseguenze funeste. Un mondo nel quale ci sentiamo sempre più soli. Una società sintetica, virtuale, dimentica degli autentici valori umani, nella quale non riusciamo più a riconoscerci e in cui ci sentiamo tutti un po’ perduti.

L’IDEA: Il tuo romanzo “La figlia mai avuta”, vincitore del premio della giuria al Premio Letterario Milano International 2017, è la tua ultima opera pubblicata. Di che cosa parla? 
Cosimo Scarpello: È un thriller che ha come protagonista un imprenditore senza scrupoli, avido, egoista e prepotente, che subisce la vendetta di un nemico che agisce dietro le quinte e la cui identità viene svelata solo nel finale. Lo scenario è un piccolo paese del Sud Italia, in cui la facciata è più importante della sostanza, dove le maldicenze, le rivalità e la superficialità regnano sovrane e persino la mediocrità è vista come un pregio.  Non aggiungo altro per non svelare il contenuto della trama e sottrarre al pubblico il piacere di scoprirlo attraverso la lettura.

L’IDEA: Se avessi l’opportunità di incontrare un personaggio importante del passato, chi sarebbe? Perché? Che cosa gli o le diresti? Che cosa ti aspetteresti che direbbe del mondo di oggi, della globalizzazione, dei social network, della mancanza di contatto umano in generale?
Cosimo Scarpello: John Kennedy e Michail Gorbaciov, che in un recente passato si sono spesi per abbattere le barriere nel mondo. La globalizzazione incontrollata ha scatenato reazioni opposte, generando ovunque sentimenti nazionalistici e spinte conservatrici.  L’uso distorto dei social network, inoltre, ha contribuito a consolidare queste tendenze, alimentando le propagande sovraniste mediante l’incitamento all’odio, alla violenza e al razzismo, facendo sentire importanti gli idioti e gli incoscienti. Quegli idioti e incoscienti, che in questi anni hanno eletto altri idioti e incoscienti alla guida dei loro Paesi: individui scellerati e irresponsabili che chiudono frontiere, costruiscono muri o negano soccorsi ai profughi in balìa del mare, vanificando in poco tempo il faticoso percorso di distensione, di unificazione e di progresso seguito all’abbattimento del muro di Berlino, per la cui caduta Kennedy prima e Gorbaciov poi si erano tanto prodigati. Spesso mi capita di chiudere gli occhi e di immaginare lunghe conversazioni con loro, dissertazioni politiche, analisi sociologiche e disquisizioni antropologiche su quanto accade nel mondo in loro assenza. Oggi più che mai avremmo bisogno di questi due grandi personaggi.

L’IDEA: Hai in serbo altri romanzi nel prossimo futuro oppure tornerai alla saggistica?
Cosimo Scarpello: Sto lavorando a un romanzo di formazione, che spero di completare per l’anno venturo. Quanto a un mio possibile ritorno alla saggistica, esso non è da escludere: dipenderà tutto dall’ispirazione del momento.

L’IDEA: Qual è il libro che hai scritto con il quale ti identifichi di più e perché?
Cosimo ScarpelloPerduti, perché come ho già detto esprime il disagio di una generazione alla quale appartengo e di cui nel libro mi faccio interprete. Una generazione che assiste ai profondi e repentini cambiamenti che avvengono intorno a lei, ne investiga le ragioni ma rimane impotente di fronte al disgregarsi di una civiltà alla quale sente ancora di appartenere e che cerca di difendere a oltranza, pur sapendo che non potrà più tornare indietro. Una generazione che porta con sé il rammarico di non aver capito per tempo, quando si viveva bene, quando tutto luccicava e tutti ci dicevano che saremmo stati dei numeri uno e destinati al successo, il pericolo verso cui stava andando incontro.  Eravamo troppo assopiti nel benessere, nell’illusione di un futuro roseo e di false speranze, per accorgerci che proprio allora, intorno a noi, si stava formando il cancro che ci avrebbe distrutto: quella categoria di burocrati e di banchieri ai quali si è asservita la politica e che ci ha costretto a ubbidire alle sue logiche, schiacciandoci e rubandoci i sogni. Quindi anche noi siamo colpevoli e la consapevolezza di non aver reagito quando avremmo potuto o dovuto farlo rende ancor più amaro e rabbioso il nostro disagio.

L’IDEA: Chi è lo scrittore che ti ha più influenzato? In che modo? E quello che tu ammiri di più?
Cosimo Scarpello: Non posso dire di scrittori che mi hanno influenzato, perché ognuno di noi ha un suo stile narrativo e storie originali da raccontare. Di certo, oltre ai grandi classici del passato che hanno plasmato la mia cultura umanistica, vi sono autori contemporanei che prediligo più di altri. Tra questi Massimo Gramellini, che oltre a essere uno scrittore è anche giornalista e conduttore televisivo. I suoi scritti mi affascinano molto, sia per la profondità dei contenuti, sia per come egli riesca, con un linguaggio semplice, accessibile a tutti e intriso di frasi a effetto e di figure retoriche, a renderli nello stesso tempo gradevoli, facili da leggere e di alto spessore formativo, siano essi romanzi, saggi o semplici articoli di giornale. Ho sempre ritenuto, infatti, che un autore non debba limitarsi a curare l’aspetto contenutistico e la correttezza sintattica e grammaticale di un testo, ma deve cercare di spingersi oltre per piegare la lingua a quei canoni estetici che consentano al lettore non soltanto di appagare i propri bisogni di conoscenza, ma anche e soprattutto di lasciarsi trasportare dalla lettura e di ritemprarsi nello spirito.

L’Idea: Hai un messaggio da inviare ai nostri lettori italoamericani che ancora amano la lingua della madre patria?
Cosimo Scarpello: Più che un messaggio, un saluto e un caloroso abbraccio ideale, sperando che la lettura dei miei libri risulti di loro gradimento. Un caro saluto anche a te, Tiziano, e a tutta la redazione di questa prestigiosa rivista. Vi ringrazio per avermi onorato di una vostra intervista.

Il Turismo Culturale In Italia E Italian Family Hospitality. Intervista Esclusiva Con Martino Gulino [L’IDEA Magazine]

Il turismo culturale in Italia e Italian Family Hospitality. Intervista esclusiva con Martino Gulino

Intervista di Tiziano Thomas Dossena

Italian Family Hospitality vuole essere una comunità di persone amanti della cultura e dello stile di vita italiani in tutti i suoi aspetti (lingua, arte, musica, gastronomia, moda, natura, economia), favorendo l’incontro tra le persone interessate all’apprendimento della lingua italiana, provenienti dall’estero e una rete di accoglienza turistica familiare (famiglie, agriturismi, B&B). Abbiamo avuto l’opportunita` di intervistare il dottor Martino Gulino responsabile del progetto Italian Family Hospitality.

L’Idea: Da cosa è nato il progetto “Italian Family Hospitality” e in che cosa consiste?
Martino Gulino: L’idea è nata circa quattro anni fa da un gruppo di genitori con figli che hanno fatto esperienza di corsi di lingua all’estero.  Visitando internet abbiamo scoperto che anche la lingua italiana è molto apprezzata all’estero e che esistono scuole, associazioni, fondazioni dove si tengono corsi di italiano a tutti i livelli e che spesso gli allievi vengono in Italia per trascorrere un periodo di soggiorno per migliorare la conoscenza della lingua e contemporaneamente apprezzare ciò che di bello offre il nostro paese (arte, musica, buona cucina, moda, bellezze naturalistiche).
È iniziata quindi una ricerca per elaborare un progetto specifico e verificarne la validità tenendo conto di altre eventuali iniziative simili, facendo sondaggi in diversi paesi, interloquendo con diversi testimoni privilegiati che ci hanno fornito consigli e utili indicazioni.
Ne è nata una rete di “amici di Italian family hospitality” a cui inviamo periodicamente notizie e aggiornamenti.
Di questa rete fanno parte anche strutture di accoglienza turistica di tipo familiare (famiglie, agriturismi, B&B) nella convinzione che l’ospitalità familiare, a differenza di altre modalità di soggiorno, mette in primo piano i rapporti umani come fonte di conoscenza e di amicizie sincere.

L’Idea: In“Italian Family Hospitality”si parla di imparare l’italiano ma c’`e anche un riferimento al “turismo culturale”. Potrebbe spiegarci a che cosa si riferisce?
Martino Gulino: Secondo la definizione dell’OMT (“Organizzazione Mondiale del Turismo”), agenzia delle Nazioni Unite, “il turismo culturale rappresenta tutti quei movimenti di persone motivati da scopi culturali come le vacanze studio, la partecipazione a spettacoli dal vivo, festival, eventi culturali, le visite a siti archeologici e monumenti, i pellegrinaggi. Il turismo culturale riguarda anche il piacere di immergersi nello stile di vita locale e in tutto ciò che ne costituisce l’identità e il carattere”.
L’Italia offre uno straordinario patrimonio di bellezze nelle grandi città come nei piccoli borghi, nelle campagne come nelle località marine e montane.
Basti pensare alle bellezze del paesaggio, dovunque cosparso di tracce che testimoniano e raccontano due millenni della nostra storia ricca di identità plurali, date da origini, popolazioni, linguaggi diversi, in ogni piccolo o grande villaggio da Nord a Sud.
Le tracce di questa bellezza si trovano al di là dei tanti e ricchi musei presenti sul territorio nazionale, si trovano sparsi nel territorio nazionale in un contesto di “museo diffuso”. Alla bellezza dei luoghi si somma la lingua, la cucina, il modo di vivere. Quando creatività e bellezza si incrociano con tradizione e innovazione si producono situazioni di eccellenza.
L’Italia è il paese che detiene il record di maggior numero di patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel mondocon 53 beni nella lista nel 2017, a cui vanno aggiunte 8 realtà della cultura tradizionale e del folclore riconosciute Patrimonio Culturale Immateriale UNESCO e 20 Parchi Letterari.
L’Italia dispone, inoltre, di un’ampia rete di Aree Protette (nell’elenco ufficiale sono registrate 871 aree protette), a salvaguardia del paesaggio, della biodiversità, della fauna e della flora, delle coltivazioni e produzioni locali, costituita da ben 25 Parchi Nazionali, a cui vanno aggiunti parchi naturali regionali, interregionali, comunali e locali (associazioni ambientalistiche, naturalistiche e del territorio), Riserve naturali, Zone umide di interesse internazionale, con una superficie protetta di oltre il 10% del territorio nazionale. Il quadro del patrimonio naturalistico si completa con 27 AMP (Aree Marine Protette), 2 parchi sommersi ed un Santuario Internazionale per la Tutela dei Cetacei.
L’Italia è il paese con il maggior numero di riconoscimenti dell’Unione Europea per le specialità agroalimentari: i prodotti alimentari italiani a denominazione di origine e a indicazione geografica sono 291, di cui 166 DOP (Denominazione di Origine Protetta), e 125 IGP (Indicazione Geografica Protetta), a cui si aggiungono 2 STG (Specialità Tradizionale Garantita). Nell’Atlante dei prodotti tipici pubblicato nel 2000 venivano registrati ben 475 prodotti tipici e tradizionali. Il 12% del suolo agricolo è coltivato secondo i dettami dell’agricoltura biologica.

L’Idea: Perché è importante, secondo lei, per uno straniero imparare l’italiano?
Martino Gulino: L’italiano è il quarto idioma più studiato nel mondo (al primo posto l’inglese, al secondo il francese e al terzo lo spagnolo). Perché oggi tante persone studiano italiano? Malgrado l’importanza politica ed economica di altre lingue, il numero di persone che studia l’italiano cresce continuamente sia nei paesi che hanno conosciuto l’immigrazione italiana (si stima che siano circa 80 milioni gli oriundi di origine italiana, cioè nati in altri paesi e discendenti da precedenti emigrazioni), sia in altri paesi.
La motivazione più comune è l’arricchimento culturale, seguita da esigenze di studio, di lavoro, per turismo o per ragioni affettive. L’italiano è una lingua di cultura, è la lingua di Dante, del bel canto, della lirica. È la lingua di grandi artisti, pittori, poeti, scrittori, filosofi. È inoltre la lingua del Papa, essendo la lingua ufficiale, insieme al latino, della Città del Vaticano.
La lingua italiana è una lingua musicale, aperta, varia e ridondante, per cui comprendere in italiano è più facile che in altre lingue ed è anche più piacevole.
Ma l’italiano è anche la lingua che accompagna il Made-in-Italy: è la lingua della moda, della cucina e delle automobili. Tutto questo è sinonimo di qualità, di stile e saper vivere. L’italiano è anche Dolce vita. L’italiano è una parte importante di quell’Italia piena di tesori d’arte, di paesaggi, di magia. E gli italiani sono un popolo creativo, simpatico, caloroso.
Parlare italiano è una risorsa per crescere dal punto di vista umano, culturale e professionale. L’industria italiana rimane una delle più importanti al mondo.

L’Idea:  Avete riscontrato che esiste un particolare interesse per la lingua italiana negli USA?
Martino Gulino: L’amicizia tra gli italiani e il popolo americano ha delle radici profonde. Negli USA ci sono circa 20 milioni di italo-americani che hanno dato nel tempo un notevole contributo alla crescita economica e politica degli USA.
Tra i paesi anglofoni, gli Stati Uniti d’America è tra quelli con un numero maggiore di studenti di italiano, con un’elevatissima presenza soprattutto nelle scuole locali. Negli Stati Uniti d’America, l’italiano è oggi la quarta lingua straniera più studiata ed il numero di studenti è in costante crescita. L’insegnamento della lingua italiana all’interno del sistema universitario è molto diffuso: gli Stati Uniti rappresentano il paese con una maggiore presenza di cattedre di italiano e dipartimenti di italianistica nel mondo.
Negli Usa risultano attivi circa 50 dipartimenti di italianistica e oltre 400 corsi di italiano a livello universitario presso cattedre di diversa tipologia. Inoltre, circa 31.166 studenti universitari americani hanno studiato sul territorio italiano nell’anno scolastico 2013/2014, con una crescita del 4,4% rispetto all’anno accademico precedente. L’Italia è il secondo Paese non anglofono meta di destinazione dagli studenti universitari americani che scelgono di frequentare dei periodi di studio presso sedi di università americane o corsi di specializzazione presso istituzioni italiane.
In circa 800 scuole di ogni ordine e grado l’italiano costituisce parte dell’offerta curricolare; il 60% circa è concentrato nella costa est, in particolare nella fascia Boston-New York-Filadelfia-Washington. La maggiore presenza di corsi di italiano nelle scuole di segmento k-12 (dalle elementari alle superiori) riflette la demografia degli italo-discendenti, degli italiani residenti all’estero e della presenza della nuova immigrazione ad alto capitale intellettuale.
Innumerevoli sono le associazioni culturali, le fondazioni, enti no profit, club, canali televisivi e radiofonici, testate giornalistiche, associazioni di insegnanti, blog, meetup ecc. che concorrono a promuovere la conoscenza e la diffusione della lingua italiana.
Un recente articolo (aprile 2018) sull’argomento è stato pubblicato sul sito http://www.iitaly.org/magazine/focus-in-italiano/arte-e-cultura/article/evviva-la-lingua-italiana-nelle-scuole-americane

L’Idea: Quali sono i principi di ospitalità sui quali si basa l’Italian Family Hospitality?
Martino Gulino: In linea con il Codice Mondiale di Etica del Turismo (Organizzazione Mondiale del Turismo – OMT), e con le carte etiche di riferimento dell’Associazione Italiana per un Turismo Responsabile (AITR), i principi a cui ci ispiriamo sono:

  • promuovere un turismo che contribuisca alla difesa e alla valorizzazione del patrimonio culturale, storico, linguistico ed ambientale del proprio territorio;
  • promuovere il turismo quale strumento di reciproco rispetto tra i popoli, rispettando e riconoscendo il valore delle diverse tradizioni e pratiche sociali e culturali;
  • promuovere il turismo quale fattore di sviluppo durevole, contribuendo alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali (che soddisfi cioè in modo equo le necessità e le aspirazioni delle generazioni presenti e future);
  • favorire, nel limite del possibile, l’utilizzo dei prodotti locali (alimentari, artigianali o industriali), nell’applicazione dei principi della filiera corta, instaurando un rapporto di cooperazione tra i vari soggetti;
  • adottare un’etica commerciale tutelando e rispettando il cliente e praticando una politica dei prezzi equa;
  • adottare un’etica dell’accoglienza di ogni tipo di pubblico (con particolare attenzione a gruppi, famiglie con bambini, anziani e visitatori diversamente abili), favorendo l’accesso ai luoghi di interesse turistico ed alle sue strutture ricettive.

L’Idea: Ci sono ditte o associazioni che sponsorizzano il progetto? 
Martino Gulino: Il progetto, dopo una lunga fase di incubazione, è diventato operativo dall’inizio dell’anno 2018 in seguito alla collaborazione instaurata con Easy Holidays (www.easyholidays.it). Easy Holidays srl è una startup operante da diversi anni in campo turistico; l’assonanza di modalità operative e di vedute sul futuro del turismo era tanto forte da inserire all’interno del sito una sezione riguardante i soggiorni linguistici,  http://easyholidays.it/soggiorni-linguistici-in-italia/. La pagina progetto permette all’utente di trovare tutte le informazioni relative al progetto, i nominativi degli “amici di Italian family hospitality”, le diverse possibilità di soggiorno linguistico e culturale, le modalità di adesione e di prenotazione, ma soprattutto inserire la propria richiesta di soggiorno e ottenere delle risposte in tempi brevi.
Non ci sono sponsorizzazioni, ma ci sono collaborazioni con enti, scuole, associazioni che condividono lo spirito del progetto e che contribuiscono a promuoverne l’attività.

L’Idea: Che cosa deve fare la persona interessata per ottenere più informazioni?
Martino Gulino: Chi è interessato può accedere al sito web http://easyholidays.it/soggiorni-linguistici-in-italia/, alla pagina facebook Italianfamilyhospitality inserire la sua richiesta di soggiorno linguistico ed inviarla. La sua richiesta verrà inviata alle strutture aderenti che sottoporranno le loro offerte direttamente all’utente.
Per info: italianfamilyhospitality@gmail.com

I Promessi Sposi In Poesia Napoletana Di Raffaele Pisani [L’IDEA Magazine]

di Tiziano Thomas Dossena (dalla presentazione avvenuta l’11 marzo 2018)

Raffaele Pisani

Nel lontano 1840 fu pubblicato un romanzo che è diventato un riferimento fondamentale della letteratura italiana: I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.

Ben 140 anni dopo, un poeta napoletano decise di rivistare questo romanzo e e di creare un nuovo prodotto letterario che fosse un omaggio a Manzoni e ai Promessi Sposi ma anche un libro di poesie napoletane.

Come è possibile? direte voi. I Promessi Sposi in poesia napoletana?  Raffaele Pisani, autore di più di venti libri ed innumerevoli articoli, decise di estrarre da ogni capitolo del romanzo una particolare scena, una situazione che poi lui ha ricostruito descrivendola in una poesia in lingua partenopea.

Una piccola parentesi: La chiamo lingua perchè l’Unesco l’ha scelta come patrimonio per l’intera umanità e l’ha definita così, lingua napoletana.
Il napoletano è secondo, in Italia, soltanto alla lingua ufficiale, l’italiano, per diffusione sull’intero territorio nazionale.

Ritorniamo a noi e a questo interessantissimo libro… Pisani, ottimo poeta ha costruito una serie di poesie che descrivono situazioni e personaggi dei Promessi Sposi.

Ciò che succede è che, nonostante il poeta non cerchi di ambientare a Napoli questa storia, l’effetto dell’uso del napoletano è quello di farci sentire più vicini a quella stupenda città, ma principalmente modifica i personaggi rendendoli più partenopei, ancor più drammatici, se questo è possibile, dei personaggi originali, ma certamente più vicini a noi, più comprensibili nelle loro pecche, nei loro dubbi, nelle loro azioni, perche il napoletano ha in sè un altro sapore dell’italiano, un sapore piu immediato, più genuino.

Questo ottimo libro nacque quindi circa trent’anni fa. Tutte le copie furono vendute. Questo si ripetè nel 2013.

Per citare le parole di una canzone napoletana: Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato… e il libro non lo poteva più leggere nessuno, specialmente noi italiani che viviamo in America.

Ecco allora che Idea Press decise di contattare l’autore e di ristampare questo libro, dandogli una distribuzione internazionale che permette agli italiani di tutto il mondo di acquistarlo e leggerlo. Abbiamo inoltre arricchito ogni capitolo con i disegni originali di Francesco Gonin, illustrazioni che appartengono all’edizione originale del libro del 1840.

La rinascita in veste internazionale ed illustrata di questo libro è stata possibile anche grazie al supporto della Federazione delle Associazioni Campane negli Stati Uniti…

Da “Sono Modesto E Me Ne Vanto” A Bologna Navona”, Un Autore Dello Stimolo Intellettuale Si Prova In Un Romanzo E Convince. Intervista Esclusiva A Claudio Nutrito. [L

Da “Sono modesto e me ne vanto” a Bologna Navona”, un autore dello stimolo intellettuale si prova in un romanzo e convince. Intervista esclusiva a Claudio Nutrito.

Intervista di Tiziano Thomas Dossena, pubblicata su L’IDEA Magazine

Claudio Nutrito

Claudio Nutrito, l’autore noto per i suoi libri carichi di ironia e di paradossi, veri e propri manuali del ‘fai da te’ mentale, sorprende il mercato editoriale con un romanzo, “Bologna Navona“.  Sull’onda del successo di questo romanzo, abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo in esclusiva per la nostra rivista….

L’Idea: Bologna Navona è il suo ultimo libro, un romanzo. Di che cosa tratta e che cosa l’ha portata a scrivere un romanzo dopo vari trattati e guide su come risolvere vari problemi?
Claudio Nutrito La prima idea è stata quella di un libro sulla mia città: Bologna.  Mentre cercavo di riordinare le idee per definire cosa scrivere, nei miei pensieri si è gradualmente infiltrata un’altra città che amo: Roma. A questo punto ho scelto di lavorare a un libro avente come soggetto entrambe le città. Ho poi deciso di lanciare una nuova sfida a me stesso: cimentarmi in un romanzo. Le vicende del personaggio principale si svolgono sull’asse Bologna-Roma. Si tratta soprattutto di vicende sentimentali: amori vissuti intensamente o solo sognati, amori finiti o mai dichiarati.

L’Idea: Dalla lettura del libro emergono due considerazioni. La prima: il libro è pervaso da una buona dose d’ironia. Soprattutto in certi capitoli, intriganti sin dal titolo, per esempio: “Il disagio da anticonformismo ravvicinato”, “Il menu parlato”, “Il tormentone della complicità”, “Prove tecniche di empatia”….
La seconda osservazione è anche una domanda. “Bologna Navona” è un romanzo un po’ anomalo, ricco di digressioni. Ed è proprio in queste digressioni che emerge l’ironia. Domanda: qual è il suo punto di vista sull’uso delle digressioni nella narrativa?
Claudio Nutrito. Dipende da come le digressioni vengono utilizzate. Si può farne un abuso, quando le digressioni assumono l’aria di “sbavature”, di “disegni fuori cornice” che trascinano la storia fuori strada rischiando di essere fuorvianti per chi legge. Ma esiste anche un “uso virtuoso”, quando le digressioni sono vivaci, creative e danno ritmo al racconto. Il racconto è una sorta di viaggio e non è detto che sia sempre da preferire la strada più breve. Abbandonare, di tanto in tanto, la strada principale per immettersi in un sentiero laterale può rendere il viaggio più piacevole, a patto di trovare in questo sentiero un interessante diversivo. E a patto di tornare poi sulla strada principale per proseguire il percorso originale. Secondo lo scrittore francese Auguste de Villiers, le digressioni devono essere come quei cerchi che i bambini buttano lontano, ma che, grazie a un certo movimento nella fase di lancio, tornano nella mano di chi li ha buttati.

L’Idea: I titoli dei suoi libri (es.: “Le idee nuove sono quelle che nessuno ricorda più”, “Sono modesto e me ne vanto”, “Non ho niente da dire ma so come dirlo”) rispecchiano una certa ironia, che suppongo sia presente anche nel loro contenuto. Da dove nasce questa sua attitudine? La porta anche nella vita di tutti i giorni?
Claudio Nutrito: In effetti, anche nella vita di tutti i giorni, ho la tendenza a ricorrere all’ironia. Almeno a provarci. Ho pure l’attitudine a trattare temi apparentemente leggeri. Dico “apparentemente” perché si tratta spesso di temi che, letti in controluce, rivelano certi aspetti di costume come, ad esempio, il vuoto che si nasconde dietro l’uso di certe parole (è il tema di “Non ho niente da dire ma so come dirlo”). Tratto temi magari effimeri, ma cerco di farlo con un certo impegno, in linea con le parole di Andy Warhol: “Sono una persona profondamente superficiale”.

L’Idea: Qual è il libro da lei scritto con cui s’identifica di più e perché?
Claudio Nutrito: Prima di “Bologna Navona” a questa domanda avrei risposto “Sono modesto e me ne vanto”, libro dedicato ai paradossi. È una materia che mi appassiona: spesso si può scoprire “un senso dietro un controsenso”. I paradossi, infatti, possono svelarci, in maniera pungente, una verità o, meglio, un’altra verità. Così come si può scorgere un aspetto paradossale dietro realtà che si presentano come ovvie, logiche, consolidate. I paradossi aggiungono gusto e relax alla vita quotidiana.  Creare paradossi è un esercizio divertente. E anche utile, perché un paradosso fa riflettere chi lo formula.
Oggi però il mio libro preferito è l’ultimo, cioè “Bologna Navona” perché, essendo un romanzo, ho dovuto creare dei personaggi ed è stata una gestazione laboriosa e lunga…ben superiore ai tradizionali nove mesi. Mi sono quindi affezionato ai personaggi che ho “partorito”, in particolare ai protagonisti − Andrea, Rossella, Cesare, Janine – che sento un po’ come miei figli.

L’Idea: In alcuni suoi libri e articoli, lei parla di pensiero laterale e di pensiero parallelo. A che cosa si riferisce?
Claudio Nutrito: Pensiero Laterale e Pensiero Parallelo sono due metodi inventati dallo psicologo Edward de Bono– e adottati in tutto il mondo da organizzazioni pubbliche e private – per sviluppare le capacità creative.
In sintesi: Il pensiero laterale si differenzia dal pensiero verticale (logico) in quanto i vari passi del pensiero verticale sono deduttivi, mentre nel Pensiero Laterale non è richiesta alcuna logica sequenziale ed è quindi consentito “fare dei salti”. Il pensiero laterale non sostituisce quello verticale: lo integra. Infatti, il suo scopo è di sfociare, alla fine, nella logica tradizionale, cioè di produrre un’idea il cui beneficio sia valutabile con la logica.
Il pensiero parallelo − noto come “Il metodo dei sei cappelli” − consente di superare il tradizionale pensiero critico e antagonistico, e di adottare un pensiero costruttivo. Di fronte ad un argomento si è portati a usare contemporaneamente vari atteggiamenti di pensiero: logico, creativo, emotivo ecc. Il ché si traduce facilmente in un pensiero confuso e improduttivo. Col metodo dei sei cappelli, i vari tipi di pensiero sono invece tenuti rigorosamente separati. Si tratta di indossare, metaforicamente, uno per volta, sei cappelli di sei diversi colori rappresentanti sei diversi atteggiamenti mentali, sei diverse destinazioni verso cui dirigere il pensiero. Il metodo è utilizzabile sia individualmente sia in gruppo. In gruppo tutti i partecipanti “indossano” contemporaneamente lo stesso cappello: per questo si parla di pensiero parallelo.
Pensiero Laterale, Pensiero Parallelo e altri metodi per la produzione d’idee sono esposti in alcuni miei libri: “Voglio essere più creativo”, “Lo davo per scontato, ora non più”, “Utile e dilettevole”.

L’Idea: Dopo questo romanzo, lei pensa che continuerà in questa nuova vena creativa o ha altri progetti in corso per il prossimo libro?
Claudio Nutrito: Ancora non lo so, ci sto pensando. Forse nel prossimo romanzo potrei inserire un’altra città che amo, New York: magari una storia che si sviluppa nel triangolo New York – Bologna – Roma.

L’Idea: Lei insegna vari corsi. Potrebbe illuminarci su questa sua attività?
Claudio Nutrito: Sono corsi per aziende e organizzazioni inerenti marketing, strategia, qualità dei servizi, creatività e innovazione. In questi corsi la creatività (pensiero laterale, pensiero parallelo e altri metodi) ha un ruolo primario perché oggi efficienza e competenza sono fattori indispensabili, ma non sufficienti. Per le organizzazioni diviene essenziale un terzo elemento: la creatività. Dall’ambiente si emergono nuove esigenze e non è più sufficiente migliorare ciò che già si sta facendo. Da qui la necessità di nuovi approcci che nascono dalla corretta applicazione del pensiero creativo.   Per le organizzazioni, quindi, la creatività non è più un optional, ma una necessità.

L’Idea: Se potesse incontrare un personaggio famoso di qualsiasi epoca, quale sarebbe e perché? Che cosa gli direbbe?
Claudio Nutrito:Vorrei incontrare due grandi artisti francesi di cui ho parlato in un mio libro: François Truffaut (regista, 1932-1984) e Sacha Guitry (attore, commediografo, regista, 1885-1957). Due artisti molto diversi, ma con un punto in comune: l’insolenza. Del resto il titolo del mio libro è “I due magnifici insolenti”.
Quest’insolenza si riscontra nei loro scritti e nelle battute dei loro personaggi.  Un’insolenza che non è mai arroganza gratuita, ma piuttosto un’assoluta franchezza nell’esprimere punti di vista inconsueti, in contrasto con i luoghi comuni più diffusi. Le loro opere raccontano spesso l’instabilità dei sentimenti, l’amore provvisorio che prevale sull’amore definitivo.
Truffaut e Guitry non credono all’amore definitivo.
Dice Truffaut: “Poiché un amore dura poco tempo, non c’è altra soluzione per combattere la solitudine che innamorarsi spesso”.
Sacha Guitry, convinto dell’instabilità dell’amore, suggerisce queste parole per una proposta di matrimonio: “Vuoi essere la mia prima moglie?”.
Amore provvisorio e definitivo: mi piacerebbe scrivere un romanzo su questo tema.  A Truffaut e Guitry perciò chiederei “Come vedete oggi la contrapposizione fra amore provvisorio e definitivo? È la stessa da voi descritta qualche decennio fa? Internet e smartphone assecondano l’amore provvisorio o possono facilitare la ricerca dell’amore definito? Pensate sia preferibile vivere l’amore nella prospettiva di una fedeltà “a tempo”, di una probabile futura sostituibilità? E che magari questa consapevolezza renda capaci di amare più intensamente?
Il dualismo fra amore definitivo e provvisorio è stato così sintetizzato dalla scrittrice Louise de Vilmorin: “Ti amerò per sempre, stasera”. Vorrei chiedere a Truffaut e Guitry se questa dichiarazione è ancora valida.

L’Idea: Ha un messaggio da inviare ai nostri lettori italoamericani che ancora amano la lingua della madre patria?
Claudio Nutrito: Spero che continuino ad amare la nostra lingua. È sempre una lingua molto bella nonostante se ne faccia spesso un uso distorto. Molte parole, infatti, sono oggi usate come “stampelle” cui sorreggersi quando non si ha niente da dire: quando si vuole coprire un vuoto nel pensiero, nascondere la mancanza d’idee e argomenti.
Il mio messaggio (“messaggio”, per la verità, è una parola grossa) è: “Non facciamoci il sangue amaro quando – per esempio nei talk-show in TV −, sentiamo la nostra lingua usata in discorsi vuoti. Affrontiamo magari la cosa con ironia citando alcuni aforismi d’illustri autori: “Ci sono persone che parlano, parlano …finché non trovano qualcosa da dire.” (Sacha Guitry), “Amo molto parlare di niente: è l’unico argomento su cui so tutto.” (Oscar Wilde). ”Non ho niente da dire e lo sto dicendo” (John Cage).

La Rinascita Internazionale Della “Diva” Italiana. Intervista Esclusiva A Giulia Lupetti. [L’IDEA Magazine]

Articolo di Tiziano Thomas Dossena, come apparso su L’Idea Magazine

La rinascita internazionale della “diva” italiana. Intervista esclusiva a Giulia Lupetti

La stupenda attrice e modella Giulia Lupetti si sta dimostrando una valida erede della posizione di diva italiana riconosciuta a livello internazionale e lo fa con uno stile prettamente personale, aggiungendo anche attivita` che un tempo le nostre dive non si sognavano neanche di poter fare. Produttore cinematografico, script supervisor, ambassador di prodotti di bellezza ed anche scrittrice per la rivista Beauty Addicted, Giulia prova al mondo che sta raggiungendo questi traguardi  grazie al suo infaticabile impegno ed alla sua serieta` professionale. In un attimo di pausa dai suoi molti impegni, Giulia ci ha gentilmente concesso un’intervista. 

L’Idea:   Hai iniziato a modellare a 15 anni, e in poco tempo sei arrivata ai grandi nomi  Gai Mattiolo, Roberto Cavalli e John GallianoNel 2011 hai partecipato a Miss Universo Italia. Quanto ha influenzato la tua carriera di modella questa tua partecipazione e vice versa? Continui a modellare? (Parla pure della tua attività di ambassador per varie ditte, oltre a modellare)
Giulia Lupetti:  Innanzitutto volevo ringraziare tutta la redazione dell’ “IDEA” per questa intervista. Parlando della mia carriera come modella, devo ammettere che partecipare e classificarmi in concorsi come “Miss Mondo” e “Miss Universe Italia”, sono state delle esperienze uniche sia a livello personale ma anche lavorativo, mi hanno dato una maggiore visibilità e mi hanno messa direttamente in contatto con molti brand con i quali ho lavorato.
Si, continuo ad essere una modella e amo farlo, diciamo che con l’arrivo dei social media e l’importanza che hanno assunto nel corso degli anni, il mio lavoro come modella è un po’ cambiato ho rallentato le passerelle e mi sono dedicata più a essere una fotomodella contemporaneamente al mio crescere come attrice. Allo stesso tempo mi sono tuffata nel mondo dei social e gestisco  collaborazioni con vari brand tra cui uno a cui tengo molto per il rapporto e la frequenza che si è creata ultimamente, un brand di creme di nome “LUVANTI”, molto prestigioso qui in America. Fin da piccola infatti ho sempre avuto una passione per la cura della pelle e avere la possibilità di unire lavoro e passioni è veramente un’esperienza eccezionale. Ho inoltre aperto recentemente un canale YOUTUBE nel quale faccio video riguardanti la cura della pelle e do consigli su come migliorarne l’aspetto e renderla più sana. Sto inoltre lavorando all’apertura del mio Blog che sarà presto online.

L’Idea: Tu sei apparsa, nel corso degli anni, anche se a volte in piccole parti, in molti film. Quale film consideri il tuo debutto ufficiale? Qual è quello che ti ha dato più soddisfazione?
Giulia Lupetti:   Direi che sono molto legata a tutti i film che ho fatto anche se a volte con piccoli ruoli, considero “ZOOLANDER 2” il mio debutto ufficiale nonostante avessi già lavorato nel passato, credo però che l’esperienza al fianco di Ben STILLER e Owen Wilson, mi abbia reso veramente orgogliosa ma soprattutto ha reso uno dei miei sogni realtà, da sempre infatti ero una loro fan. Uno dei film invece con un ruolo che mi ha dato molta soddisfazione è stato senza dubbio il ruolo di Claudia nel film “MISSION POSSIBLE”, nel quale ho recitato al fianco di John Savage e James Duval.

L’Idea: Il tuo ultimo film “Clique” ti trova come script supervisor. Come mai questa tua scelta? Ti è piaciuta l’esperienza?
Giulia Lupetti:  Questa scelta nasce dal fatto che sono sempre stata affascinata dal dietro le quinte dei film e adoro lavorare nella produzione e creazione di un film perché mi fa sentire completa e totalmente connessa con quello che sto interpretando. Lavorare come script supervisor mi ha portato una maggiore coscienza anche come attrice; sono estremamente grata per questa possibilità che ho avuto.

L’Idea:  Oltre a recitare, hai anche prodotto un documentario  Vertical Breath. Come è stata l’esperienza di produttore? Pensi che lo farai ancora?
Giulia Lupetti: Decisamente sì, lo rifarei ancora e ho altri progetti su cui sto lavorando a tal proposito, produrre un documentario non è una cosa facile ed era la prima volta che ne ero così coinvolta in prima linea. Vertical Breath  nasce da un’idea di mia cugina Tiziana Corradini e mi sono subito appassionata al tema principale del documentario che tratta di quelle che io chiamo le gesta eroiche di Alessia Zecchini, campionessa mondiale di apnea. Questo documentario ha un valore immenso per me, sia per la solida amicizia che mi ha portato con Alessia e anche perché per la prima volta ho potuto lavorare fianco a fianco con mia cugina, inoltre il periodo alle Bahamas rimane nel mio cuore come un momento magico.

Photographer Alex Aldegheri. Make up Mariacristina Fidanza

L’Idea:  Qual è l’attore con cui hai lavorato che ti ha colpito di più e perché? 
Giulia Lupetti: Difficile per me rispondere a questa domanda, perché tutti gli attori con cui ho lavorato hanno lasciato qualcosa di positivo, istruttivo e nuovo dentro di me,se fossi costretta però a fare un nome probabilmente direi John Savage, in quanto mostro sacro del cinema oltre che una bellissima persona. Il suo modo di interagire con la camera e di approcciarsi al personaggio mi hanno ispirata moltissimo.

L’Idea: La tua carriera di modella e la tua avvenenza ti portano forse forse ad essere stereotipata quando devi essere scelta per una parte in un film. Come pensi di evitare questa situazione e raggiungere l’opportunità di scegliere parti sempre più challenging? 
Giulia Lupetti: Sicuramente il fatto di aver fatto la modella per tanto tempo potrebbe creare qualche svantaggio sulla possibilità dei ruoli, ma allo stesso tempo credo fermamente che siamo noi i creatori del nostro destino e delle opportunità che ci si prospetta nella vita; sono sicura che con il mio bagaglio emotivo e la mia arte e modalità di esprimermi di trovare la maniera di attirare sempre più ruoli differenti.

L’Idea: Noto che ti sei spostata a Los Angeles. Come trovi l’ambiente californiano?  E la gente? A livello professionale, il trasloco dall’Italia ti sta aiutando molto? 
Giulia Lupetti: Il mio sogno fin da quando sono piccola era sempre stato quello di trasferirmi in America; mi trovo benissimo qui a Los Angeles, sono profondamente grata a questa città per tutte le occasioni che mi sta dando di crescita sia lavorativa che personale, mi sento finalmente libera di poter essere me stessa al 100%.

Photographer Nikoliska Boutieros

L’Idea: Quale sarebbe la parte che avresti voluto interpretare, idealmente parlando, in uno dei grandi film classici? E chi sarebbe stato l’attore o l’attrice a cui avresti voluto lavorare a fianco?
Giulia Lupetti:  Tra i grandi classici i ruoli che avrei voluto interpretare fin da piccola sono 3 “Rossella O’Hara” in VIA COL VENTO, “Sissi” nella PRINCIPESSA SISSI, “Holly” in “Colazione di Tiffany”; se fossero ancora in vita avrei voluto lavorare al fianco “JAMES DEAN” e “MARLON BRANDO”, per quanto riguarda attrici donne “Grace Kelly” o “ANNA MAGNANI”.

L’Idea: Qual è il tuo prossimo progetto cinematografico?
Giulia Lupetti: Sto valutando ancora alcune proposte di diversi ruoli di cui non posso parlare al momento, ma allo stesso tempo mi sto dedicando un po’ alla produzione di un progetto tutto mio, dunque sono in una fase di -*BUFFERING* se così si può dire, molto presto potrò parlare in maniera più specifica.

L’Idea: Tu scrivi per la rivista Beauty Addicted. Su che argomenti scrivi? Ti soddisfa molto questa attività? In futuro, pensi che scriverai anche su altri temi?
Giulia Lupetti: “Beauty Addicted” è un giornale a cui tengo molto, primo perché viene dall’idea e dal duro lavoro della mia amica e collaboratrice Francesca Torricelli, secondo perché è uno spazio in cui ho la libertà di esprimermi; mando consigli di bellezza e considerazioni personali. Parlo molto di skincare in quanto è uno dei miei argomenti preferiti da sempre; adoro essere informata su come trattarla e quali prodotti utilizzare. Nella prossima uscita parlerò di pelle sensibile e di come trattarla.

L’Idea: Hai un messaggio per i nostri lettori?
Giulia Lupetti: Volevo ringraziare tutte le persone che mi seguono sui miei social media, che mi scrivono, volevo farlo perché senza di loro il mio lavoro e la mia arte non avrebbero senso di esistere. Spero e prometto di condividere sempre di più di me, delle mie emozioni, delle mie esperienze e mi auguro che nel farlo questo possa aiutare qualcuno. Spero nel mio piccolo di poter ispirare qualcuno a inseguire i propri sogni pur folli che possano sembrare, ma credo che sognare sia l’essenza della vita e vivere per i propri sogni sia la più grande realizzazione che si possa raggiungere per sé e per gli altri. D’altronde qualcuno un bel po’ più saggio di me diceva : ”SIAMO FATTI DELLA STESSA SOSTANZA DI CUI SONO FATTI I SOGNI”, (Shakespeare).