Finally, the long-awaited opening night of the 43rd edition has arrived! In a few days, the world will see two new productions (Le Comte Ory and Otello), the resumption of the Gazzetta, Il Viaggio a Reims of the Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”, four Opera-symphonic concerts, two Belcanto concerts, the return of Rossinimania and the Gala celebrating the 40th anniversary of Pier Luigi Pizzi at the ROF. And for those who cannot be there, do not miss the live radio and web streaming. Stay with us this summer!
The 43rd edition of the Rossini Opera Festival has been presented at the Teatro Rossini. During the event, the 2023 program has been announced: the first performance in the critical edition of Eduardo e Cristina, Adelaide di Borgogna and the revival of Aureliano in Palmira.
Il Viaggio a Reims in OperaVision
Il viaggio a Reims starring the students of the Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”, scheduled on August 13th and 15th at 11 a.m. at the Teatro Rossini, will be broadcast live streaming on the website and on the social channels of the Festival. As part of the Next Generation project, the first performance of Il viaggio will also be broadcast on OperaVision.eu, the freeview opera streaming platform run by Opera Europa and supported by the European Union’s Creative Europe program. The two performances of Il viaggio will be available for six months on OperaVision platform, along with a dedicated podcast and backstage video.
OperaVision believes in its role as a digital stage for emerging artists. In a new partnership with several young artists’ programs in Europe – notably at Oper Frankfurt, Palau de les Arts Valencia, Rossini Opera Festival, and Opera for Peace – OperaVision streams performances, masterclasses, and concerts held by the next generation of talents.
THE LAST SALONS ROSSINI
The third and last concert in the series Salons Rossini, three concerts featuring pupils of the Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” 2022, sponsored by the Fondazione Meuccia Severi, in homage to the celebrated, lively musical evenings in Rossini’s own home. The series is an absolute novelty for the ROF, springing from a desire to offer our regular audiences the opportunity to get to know the local surroundings and, at the same time, to bring Festival performances to new audiences in unusual and evocative places. The concert Nella testa ho un campanello [I’ve got a bell ringing in my head], with arias from comic operas by Rossini, will be held on Sunday 31 July at the Teatro della Concordia, San Costanzo. Lluis Calvet i Pey (baritone) will sing Figaro’s Cavatina “Largo al factotum” from Il barbiere di Siviglia; Paola Leguizamón (mezzosoprano) e Matteo Guerzé (baritone) will perform the Duetto Rosina-Figaro “Dunque io son … tu non m’inganni?” from Il barbiere di Siviglia; Dave Monaco (tenor) and Lluis Calvet i Pey will present the Duetto Count Almaviva-Figaro “All’idea di quel metallo” from Il barbiere di Siviglia”; Matteo Guerzé will propose Dandini’s Cavatina “Come un’ape ne’ giorni d’aprile” from LaCenerentola; Dave Monaco will sing Ramiro’s Recitativo e Aria “Principe più non sei … Sì, ritrovarla io giuro” della Cenerentola. The accompanist at the pianoforte will be Marco Camillini. These concerts have been sung from three highly valued stages in the Province of Pesaro and Urbino: after San Lorenzo in Campo and Gradara, it is now the turn of San Costanzo, for decades the home of theatrical comedy thanks to its historical comic festival Scenaridens. Each concert is introduced by a short explanatory talk by the musicologist Andrea Parissi of the Fondazione Rossini. After the concert members of the public will be able to enjoy special refreshments based on Rossini recipes. This initiative has been organized in collaboration with the Town Councils of San Lorenzo in Campo, Gradara and San Costanzo. Admission is free of charge, subject to the number of seats available. Info: rof@rossinioperafestival.it
Francesco Colafemmina è nato a Roma nel 1980. Laureato in filologia classica ha frequentato la scuola di giornalismo della RAI per poi dedicarsi all’attività imprenditoriale nel settore dell’energia e dell’agricoltura sostenibile. I suoi interessi spaziano dal mondo classico all’arte e alla spiritualità. Continua ad associare l’attività pubblicistica al proprio impegno verso l’ambiente, attraverso la sua azienda di apicoltura biologica.
L’Idea Magazine: Buongiono Francesco. Tu possiedi un azienda di apicoltura biologica.Come sei arrivato dalla frequentazione della scuola di giornalismo della RAI all’attività imprenditoriale nel settore dell’energia e dell’agricoltura sostenibile? Francesco Colafemmina: Buongiorno a voi, e grazie per il vostro interesse. È certamente una lunga storia, ma diciamo in premessa che in un mondo sempre più analitico, dove la specializzazione fa l’individuo, continuo a professare l’ideale rinascimentale dell’uomo che al mattino cura i suoi campi, il pomeriggio discute della politica del suo paese, e a sera si immerge negli studi. Qualcosa del genere… Sono sempre stato refrattario agli ordini di scuderia, alle obbedienze e ai conformismi, perciò ho preferito dedicarmi alla consulenza aziendale in una fase molto dinamica della mia vita, quando viaggiavo di qua e di là, esplorando una settimana le terre della Tessaglia per realizzare impianti fotovoltaici, quella successiva le colline attorno a Costanza sul Mar Nero per issare anemometri per l’eolico, e l’altra ancora volando nell’isola di Terranova per un convegno sul trasporto del gas compresso. Dopo diversi anni mi sono reso conto che i paesaggi, i campi ora fioriti ora arati esercitavano su di me un profondo richiamo alle origini, alla civiltà dei miei nonni. La scoperta delle api, della loro società ordinata e coesa, è stata poi una vera e propria rivelazione. Ho lasciato tutto il resto e ho ritrovato una parte delle mie radici nella cura degli alveari.
L’Idea Magazine: Nel 2017, per ‘Apinsieme-Rivista Nazionale di Apicoltura’, hai pubblicato “Le Api e Noi”, una approfondita storia sociale delle api e del miele. Ti affascinano molto le api? Francesco Colafemmina: Sono creature meravigliose, fatte di perfezione. Alle volte mi capita di contemplarne una ferma sulla mia mano per un’improvvisa esigenza di riposo. La osservo e rifletto su quanto l’essere umano sia per molti versi una creatura irrisolta, imperfetta, spesso una minaccia per se stesso e per le altre creature. L’ape no. L’ape è l’emblema di una intelligenza superiore che anima il cielo e la terra. E infatti questo piccolo insetto racchiude in sé il mistero di entrambi i mondi, del sole che trae a sé i fiori, della terra che li nutre. E realizza un prodotto unico, straordinario, come il miele, dolce sintesi di estati e primavere.
L’Idea Magazine: Oltre a ciò, tu continui con la tua attività di giornalista pubblicista e, chiaramente, di autore. Essendo laureato in filologiaClassica, il tuo libro del 2007, “Dialoghi con un Persiano di Manuele II Paleologo” mi sembra tratti di un argomento ben mirato. Potresti parlarcene? Francesco Colafemmina: In uno dei miei tanti viaggi in Grecia, quando esisteva ancora Alitalia e distribuiva i quotidiani in volo, mi capitò fra le mani una copia del Corriere della Sera che riferiva di una lectio magistralis di papa Benedetto XVI a Ratisbona nella quale il grande teologo rimarcava come le radici del Cristianesimo affondassero anche nell’ellenismo e citava questi sconosciuti dialoghi dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo. Appena misi piede a terra chiamai un mio amico che lavorava per Rubbettino e gli proposi di pubblicare una traduzione inedita di quei dialoghi. Fu una esperienza entusiasmante. Benedetto XVI richiamava, sulla scorta di Manuele II, la dimensione di intima convinzione spirituale racchiusa nella conversione: opera del cuore e della ragione, non della costrizione o della spada. L’imperatore bizantino era all’epoca dei suoi dialoghi ostaggio del Sultano e discettava di religione con un dotto musulmano persiano, ma non aveva difficoltà nel sottolineare le storture di una religione imposta con la violenza e la sottomissione. All’epoca la prolusione del papa suscitò aspre critiche ma anche numerosi consensi nello stesso mondo musulmano. Tuttavia, a distanza di quattordici anni da quel momento, sembra che tutto sia finito nel dimenticatoio, e non perché gli eccessi del fondamentalismo siano spariti, ma perché il nostro mondo sembra aver sostituito ormai la fede in una religione con i tanti talismani tecnologici che ingombrano le nostre esistenze, e le plasmano costringendole a tenere gli occhi rivolti verso il basso, verso uno schermo, sicché la fede sembra svanire in una vaga memoria del passato. Gli antichi dicevano: motus in fine velocior. Un’accelerazione terminale della nostra civiltà.
L’Idea Magazine: Trovi difficoltà a gestire l’aspetto imprenditoriale e ritenere la tua attività di scrittore oppure essere immerso nella natura ti aiuta a creare ancor più? Francesco Colafemmina: Certamente aiuta a riflettere. L’apicoltura è mestiere solitario e anarcoide, simile alla pastorizia per molti versi. Chiaramente nella fase produttiva, da marzo a luglio, è molto difficile combinare le due cose, fra viaggi notturni con le api alla ricerca di nuovi pascoli, e mattutine visite agli alveari, posa e ritiro dei melari, smielatura, etc. Tuttavia quei mesi sono come un lievito. Qualcosa matura dentro, mentre senti il vento sul viso, mentre sudi sotto il sole, mentre aggrotti la fronte per una puntura inaspettata. Ma la scrittura non è un mestiere, è una passione – per ritornare all’uomo rinascimentale. Per certi versi anche l’apicoltura lo è. Quindi le cose sono molto più intrecciate di quanto possa sembrare.
L’Idea Magazine: Hai seguito nel 2010 con l’inchiesta artistico-giornalistica “Il Mistero della chiesa di San Pio”. Di che mistero si tratta? Francesco Colafemmina: È il mistero della simbologia “esoterica” di molte opere d’arte e d’architettura sacra che non nascono in un contesto religioso, ma laico o addirittura anticattolico. Per alcuni anni ho gestito un blog di successo dedicato all’arte e all’architettura sacra. Una esigenza nata a partire da esperienze di personale orrore dinanzi a chiese che sembrano hangar o opere d’arte sacra che sembrano caricature dell’arte. Il santuario di San Pio a San Giovanni Rotondo, realizzato dall’archistar Renzo Piano, mi parve un esempio straordinario di questo corto circuito fra committente ed artista/architetto, che altera in maniera definitiva il significato di uno spazio o di un’opera che dovrebbero invitare alla preghiera e che in realtà assumono i tratti individualistici e micragnosi delle laicissime forme d’arte e architettura contemporanee. Ma anche qui il vento è cambiato da un giorno all’altro. E la confusione è cresciuta così tanto che un giorno ho deciso di cancellare per sempre il blog. Ne resta sostanzialmente questo libro inchiesta, quale frutto più maturo.
L’Idea Magazine: Sempre stando nell’era classica, hai anche pubblicato “Storia del Matrimonio nella Grecia classica”. Non mi sarei mai immaginato che un soggetto tale potesse avere diramazioni sufficienti per un libro… Come ti è sorta l’idea per il libro e quanta ricerca hai dovuto fare al proposito? Francesco Colafemmina: Perché ci sono numerosissimi pregiudizi a riguardo. Pregiudizi contemporanei sui costumi sessuali degli antichi e sulla creazione “religiosa” del vincolo matrimoniale. In realtà, se scaviamo nel passato, scopriamo che talune istituzioni fondamentali come il matrimonio sono radicate nella civiltà greco-romana, con legami simbolici fortissimi e tuttora operanti, come il velo o l’anello. E i costumi degli antichi non erano poi così rivoluzionari come si tende a pensare. La libertà sessuale era riservata ad una ristretta cerchia aristocratica, la stessa che la accreditava attraverso la letteratura o la filosofia. Il popolo, la massa anonima, era spesso molto più bigotta di quanto si possa immaginare. D’altro canto è questo uno dei segni caratteristici delle civiltà contadine.
L’Idea Magazine: “La Democrazia di Atene. Storia di un mito” è il tuo libro del 2020. Intende essere un punto di riferimento per chi studia la storia della democrazia o della Grecia antica? Francesco Colafemmina: Non direi, non ho simili pretese. Ma di sicuro non esisteva in Italia un testo che ricostruisse le origini e lo sviluppo della democrazia ateniese seguendo un po’ le tracce della grande scuola elitista italiana (quella per intenderci di Mosca, Pareto e Michels). L’assunto di fondo è che il sistema democratico – cosa in generale condivisa dagli storici – non fu mai una creazione dal basso, ma una composizione di interessi elitari. Dalla mia analisi emerge inoltre che le élites che “inventarono” la democrazia ateniese erano élites ribelli rispetto all’aristocrazia terriera classica. Permeate dallo scetticismo e dal razionalismo della sofistica, in un rapporto osmotico con la cultura del grande antagonista degli Elleni, l’impero Persiano, strutturarono una forma politica creativa e in perpetuo divenire, ma assai meno stabile e “democratica” di quanto possa sembrarci. Così anche oggi che viviamo in democrazie “formali” non possiamo accontentarci di una formula, di un meccanismo apparentemente in grado di rappresentare i cittadini, perché oggi tutte le democrazie occidentali sono minacciate dalla tecnica, da nuovi pervasivi metodi di controllo che limitano o sono in grado di limitare le nostre libertà fondamentali. Così lo studio del passato e delle sue contraddizioni può aiutarci a trovare una via per rimettere in equilibrio una pericolante struttura democratica, sempre più inclinata verso nuove tirannidi.
Il 14 gennaio del 1506 l’incontro con il Laocoonte trasformò Michelangelo in nuovo Enea. Prese su di sé l’eredità dell’antico e la tradusse in una forza nuova, talmente avanzata da confondere i suoi contemporanei. ENIGMA LACCOONTE analizza tutti gli ingranaggi di questa intricata vicenda, ne ricostruisce il contesto storico e culturale, richiamando la dimensione simbolica del Laocoonte e il suo messaggio spirituale e politico.
L’Idea Magazine: “Enigma Lacoonte” è il tuo ultimo libro, che possiamo definire un “giallo artistico”… Pensi di pubblicare anche una versione in inglese? Francesco Colafemmina: Al momento non è prevista una traduzione, ma sarebbe certamente un valido strumento per ampliare la discussione sulle diverse questioni ancora aperte relative al Laocoonte vaticano.
L’Idea Magazine: Qual è il personaggio (o quali sono i personaggi) del passato che ti affascina(no) di più? Francesco Colafemmina: Ve ne sono di innumerevoli. Chiunque ami la storia e la lettura per certi versi fa come Zenone di Cizico. Il grande filosofo stoico era in realtà un mercante di origini fenicie. Un giorno perse il suo carico di porpora in un naufragio, mentre lo aspettava nel porto di Atene. Così, decise di farsi indirizzare nella sua vita dall’Oracolo delfico. E la Pizia gli disse soltanto: “mettiti in comunicazione con i morti”. Con questo intendeva indicargli la riscoperta dei grandi sapienti del passato. Per certi versi ognuno di noi sa che il passato è un luogo abitato da intere comunità di amici. Ricordo ancora il mio professore di letteratura cristiana antica chiamare Omero “nonno” e Virgilio “zio”, come se fossero tutti membri di una nostra intima famiglia spirituale.
L’Idea Magazine: Nel 2011 hai anche pubblicato il tuo primo romanzo, “La Serpe fra gli ulivi”. Dai libri di soggetto storico o eco-biologico, ambedue soggetti pertinenti ai tuoi studi e attività imprenditoriali, sei anche arrivato al romanzo. Che cosa ti ha spinto a scriverlo? Qual è la trama? Francesco Colafemmina: È un thriller sui generis ambientato in Puglia, scritto quando la Puglia si proiettava come regione del turismo e delle tradizioni, mentre in realtà sotto questa patina dorata si nascondeva spesso un mondo di corruzione e mafia, di droga e “allegra” imprenditoria. La Serpe fra gli Ulivi è un racconto di un microcosmo ancora molto attuale. E tra l’altro contiene una “profezia”: quella dell’elezione del papa latinoamericano…
L’Idea Magazine: Quest’anno è attesa la pubblicazione del tuo secondo romanzo, “Con lo stesso sguardo”. Di che cosa tratta? Francesco Colafemmina: In realtà “Con lo stesso sguardo” uscirà forse nel 2022. A breve è invece attesa l’uscita di un altro romanzo, “La Guerra non è finita”. Un romanzo distopico che narra le vicende di una generazione di trentenni che improvvisamente, venuti a contatto con oggetti appartenuti ai loro nonni, iniziano a sognarli. E questi sogni si traducono in una rivoluzione, una “rivolta contro il mondo moderno”. Usciranno dalla gabbia del fatalismo, per accendere la fiammella della speranza.
L’Idea Magazine: Chi è lo scrittore o scrittrice al quale senti più affinità? E quale pensi ti abbia influenzato di più? Francesco Colafemmina: Indubbiamente Dino Buzzati, scrittore che amo più di ogni altro, italiano e straniero. Ma oltre Buzzati ce ne sono molti altri, come ad esempio lo sconosciuto ai più Marcello Gallian, straordinario autore di romanzi dalle tonalità decadenti e a tratti surrealiste nel pieno degli anni ’30. E poi c’è la mia passione per la letteratura greca moderna, da Papadiamandis a Myrivilis, passando per poeti come Karyotakis e Sarandaris.
COLAFEMMINA SULLA COPERTINA DELLA RIVISTA “VATICAN”
L’Idea Magazine: Hai altri progetti letterari in lavorazione? Francesco Colafemmina: A marzo per i tipi di Settecolori sarà pubblicata la mia traduzione di un capolavoro della letteratura neogreca, ‘Il Numero 31328” di Ilias Venezis. Un omaggio ai greci dell’Asia Minore vittime del genocidio del 1922. Un’opera piena di tristezza, intrisa di crudeltà, e nello stesso tempo carica di nostalgia e tenerezza che viene per la prima volta proposta ai lettori italiani dal 1931, anno della sua prima pubblicazione.
L’Idea Magazine:Qual è il libro scritto da te con cui ti identifichi di più, e perché? Francesco Colafemmina: Una bella domanda! Certamente i romanzi sono i luoghi della scrittura nei quali si racconta molto di sé, e si è più liberi di lasciare tracce che poi il lettore dovrà seguire.
Alle volte la solitudine può essere una opportunità.
L’Idea Magazine: Si parla di ‘sindrome da isolamento’ causata da Covid. Tu ne hai risentito? Francesco Colafemmina: Grazie alle api ho sofferto poco di questa sindrome. La libertà di movimento ha permesso all’apicoltore di continuare indisturbato i propri spostamenti notturni di alveari, di colloquiare con la natura e di impegnare all’aria aperta i propri giorni. Un grande astrologo francese che nel 1993 predisse la pandemia, André Barbault, parlava tuttavia in relazione al 2020 di un momento di grande “introspezione” dell’uomo. Alle volte la solitudine può essere una opportunità. Mi rendo tuttavia conto che la solitudine forzata sia stata per molti di noi soltanto uno spreco, condita com’era da angosce, incertezze e paure costantemente alimentate da ogni mezzo di comunicazione. Il fatalismo ci avvince, e la speranza si rifugia nel sogno.
L’Idea Magazine: Se tu avessi l’opportunità di parlare con un individuo del passato, chi sarebbe e che cosa chiederesti? Francesco Colafemmina: Mi piacerebbe incontrare Solone e potergli chiedere cosa esattamente gli dissero i sacerdoti egizi in merito alla vicenda di Atlantide. Naturalmente gli chiederei anche come sia riuscito a spianare la strada alla democrazia ad Atene. Poi finiremmo con l’invitare un po’ di amici al simposio, qualche bella flautista, e si chiacchiererebbe fino al mattino. Sveglio, mi renderei conto che è stato solo un sogno, ma almeno mi piacerebbe poter ricordare le sue parole su Atlantide…
L’Idea Magazine: Potresti cercare di definire te stesso con tre aggettivi? Francesco Colafemmina: Curioso, testardo, sognatore.
Mi affido allo stupore che la vita mi riserva giorno per giorno.
L’Idea Magazine: Oltre l’apicoltura e la letteratura, hai altri interessi? Francesco Colafemmina: Un tempo ballavo il tango; dopo diverse partner che non apprezzavano, ho appeso le scarpe al chiodo… Mi limito ad ascoltare la buona musica. E amo cucinare, naturalmente cucina greca…
L’Idea Magazine: Sogni nel cassetto? Francesco Colafemmina: Mi affido allo stupore che la vita mi riserva giorno per giorno.
L’Idea Magazine: Un messaggio per i nostri lettori? Francesco Colafemmina: Coltivate la speranza, non smettete mai d’essere curiosi, ricercate sempre la bellezza.
La milanese Iliana Iris Bellussi ha pubblicato cinque romanzi ed è in procinto di pubblicarne un sesto. Tutto questo dopo una lunga carriera nel teatro amatoriale e nell’insegnamento. Avendola conosciuta molti anni fa, sono orgoglioso di presentarvela.
L’Idea Magazine: Iliana,noi ci siamo conosciuti molti anni fa, quando facevamo parte della compagnia teatrale “Il teatro dei Nove”. Periodo eccitante per tutti noi, allora giovani. Ricordo che Valentino Bompiani, noto scrittore e drammaturgo, fu tra il pubblico ad una nostra rappresentazione di una sua opera teatrale e che rimanemmo estasiati da tale opportunità. Tu e tuo marito facevate parte della compagnia già prima di me, e poi avete continuato a recitare. Immagino che avrete avuto molte altre esperienze eclatanti…
Milano – Teatro Olmetto – 1981 Iliana Iris Bellussi e Tiziano Thomas Dossena in scena durante una rappresentazione.
Iliana Iris Bellussi: Certo in quegli anni, quando eravamo giovani, ogni emozione era più intensa! In seguito il periodo più esaltante della nostra esperienza teatrale è stato sicuramente quello legato al regista Luigi Squarzina. Gli avevo telefonato a Roma per ottenere il permesso di rappresentare il suo “Siamo momentaneamente assenti” una commedia che mi aveva catturato fin dalle sue prime battute e avrei tanto desiderato mettere in scena. Telefonare ad un uomo di tale prestigio e fama mi aveva intimorito non immagini quanto e invece lui si rivelò da subito una persona simpatica, generosa e incuriosita del nostro mondo amatoriale. Senza esitazione ci concesse l’autorizzazione e venne anche da Roma ad assistere alla prova generale e poi alla prima. Immagina la nostra ansia e la preoccupazione durante la prova. Temevamo che avrebbe bloccato il lavoro. Io mi sentivo particolarmente responsabile in quanto regista e protagonista femminile. E invece ne fu molto contento, e ci inviò altre sue commedie che secondo lui avremmo potuto fare. Ne nacque una bella amicizia e un grande sostegno da parte sua. Sempre disponibile a rispondere a dei chiarimenti e a venire da Roma nel corso delle prove. Per noi dilettanti è stata un’esperienza davvero memorabile. In seguito con lui abbiamo fatto diversi stage di teatro ed è stato un percorso davvero costruttivo e umanamente emozionante. “Siamo momentaneamente assenti” è sicuramente il lavoro che porterò sempre nel cuore.
L’Idea Magazine: Hai anche fatto la direzione artistica e la regia per molti anni? Hai trovato molto differente l’esperienza? Iliana Iris Bellussi: Diciamo che mi sono sentita più a mio agio dietro le quinte. La recitazione mi ha sempre appassionato molto ma al tempo stesso anche creato dubbi e perplessità, a livello personale intendo. Non mi sentivo del tutto a mio agio nei panni dell’attrice. Forse sì, ho preferito la regia, la ricerca dei testi, lo studio e il vedere soprattutto il lavoro prendere forma.
Teatro Olmetto a mIlano, 1981. Nella foto, in piedi da sinistra: Carlo D’Adda (marito di Iliana Iris Bellussi), l’autrice e Gaetano Meli (regista).
L’Idea Magazine: Hai anche scritto vari testi teatrali, uno dei quali, “Buongiorno Giacomino, buongiorno Fernandina”, è stato portato in scena. Di che cosa trattava? Iliana Iris Bellussi: Era un lavoro metateatrale. Una compagnia molto male in arnese stava mettendo in scena il suo nuovo lavoro mentre, dietro le quinte, si dipanavano i problemi esistenziali degli stessi attori come amori non risolti, divergenze caratteriali, nevrosi, omosessualità non dichiarata, oltre alle difficoltà oggettive e pratiche dell’allestimento teatrale, corde del sipario che si spezzavano per logoramento o strutture perennemente sbilanciate. Come non bastasse, la simulazione di suicidio da parte di un attore della compagnia e la sua ricomparsa non priva di stupore, suo, che mai avrebbe immaginato di essere stato preso sul serio, e dei compagni che pensano di trovarsi di fronte ad un fantasma, mette a nudo i rapporti umani. Il titolo deriva dalla consuetudine propria del nostro gruppo reale “ il nuovo teatro dei nove” di fare un rito propiziatorio prima di entrare in scena, importato da un compagno napoletano che possedeva due piccolissimi gufetti che tutti noi, distribuiti in cerchio, dovevamo omaggiare dicendo appunto: “ Buongiorno Giacomino, buongiorno Fernandina”.
Il cast di Buongiorno Giacomino
L’Idea Magazine: Negli ultimi anniti sei dedicata principalmente ai romanzi. Hai deciso di abbandonare il teatro oppure ti dedichi a tutte e due le attività? Iliana Iris Bellussi: Diciamo che il teatro è ormai parte del passato, per scelta, e la scrittura dei romanzi del presente. Ricordo che Squarzina diceva che nella vita bisogna fare più cose, per esattezza tre cose, non so perché proprio tre. Ho capito a distanza di tempo cosa volesse dire. Se fai una sola cosa ti annoi, ti prosciughi, bisogna cambiare, guardare in più direzioni.
L’Idea Magazine: Esiste una comunalità di argomento o personaggio tra i tuoi cinque romanzi o sono tutti completamente indipendenti uno dall’altro? Iliana Iris Bellussi: Direi che sono tutti diversi fra loro. Una mia cara amica dice addirittura che sembrano scritti da persone diverse.
L’Idea Magazine: Il tuo primo romanzo, “A che cosa c’è servito Freud”, è del 2009. Qual è la trama? Nel scriverlo, hai tratto ispirazione dal fatto che hai insegnato filosofia per tanti anni? Iliana Iris Bellussi: È una storia difficile da raccontare, mi fa ancora male. Mi era venuto in mente di scrivere la storia degli anni ‘70, gli anni dell’università, e di parlare della straordinaria amicizia con un mio compagno, direi un fratello. Avevo immaginato di raccontare a lui che era caduto, nell’invenzione fantastica, in uno stato di depressione comatosa, tutto il nostro passato. Poi lui si sarebbe ripreso e ci sarebbe stato il lieto fine. Purtroppo, quando avevo iniziato già a scrivere, lui ha avuto realmente un aneurisma ed è morto. L’ho voluto scrivere lo stesso, raccontando della nostra bella amicizia e di quegli anni naturalmente, in cui studiavamo filosofia e pensavamo che Freud ci avrebbe salvati.
L’Idea Magazine: Hai seguito con “Una storia d’amore” nel 2014. Da dove è nato questo romanzo? Iliana Iris Bellussi: Dal desiderio di ricostruire con la fantasia la storia della mia famiglia natale, storia della quale mi mancavano troppi pezzi che nella realtà non avrei più potuto rintracciare. Una storia d’amore nei confronti della mia famiglia, in sintesi.
L’Idea Magazine: Nel 2016, hai pubblicato “Un té dalla zietta”. Che cosa cercavi di trasmettere ai lettori in questo tuo romanzo? Iliana Iris Bellussi: Volevo parlare delle donne in età, le sessantenni, e mi sono rifatta ai racconti fatti da alcune amiche. Gelosie, paura per l’età che avanza, rapporti conflittuali con l’immancabile nuora antipatica, senso di inadeguatezza e tanti segreti che vengono a galla nel corso della storia come quello della zietta che, in punto di morte, si rivela completamente diversa da come i nipoti avevano sempre immaginato.
L’Idea Magazine: Hai seguito nel 2017 con “Ninin parla con i gatti”, un libro che ha vinto nel 2018 il secondo premio di narrativa edita al Concorso Letterario Internazionale “Gian Antonio Cibotto” e che è stato finalista al premio “ Percorsi Letterari”. Che argomento tratta questo romanzo? Iliana Iris Bellussi: La violenza sulle donne. Ho costruito con la fantasia una storia familiare segnata dalla violenza, proprio perché volevo cercare di capire come sia possibile una realtà così diffusa. Ninin è figlia di una relazione conflittuale e di un padre violento, è una bambina un po’ strana, parla con le presenze, come quella del nonno che lei non aveva mai potuto conoscere ma che le starà sempre vicino dandole il suo sostegno, e che da adulta, dopo essersi laureata in medicina, grazie alle sue capacità medianiche diventerà una diagnosta speciale.
L’Idea Magazine: Il tuo ultimo romanzo pubblicato è “Magritte e il cavallino biondo”. Ho trovato interessante il concetto di ricreare la vita di un artista fondendo realtà e fantasia. Che cosa ti ha spinto a tale scelta? Iliana Iris Bellussi: Direi il mio grande amore per Magritte. Quando ho visto in una sua personale “L’impero delle luci” mi sono commossa in modo inverosimile. Ho voluto ricostruire la sua vita basandomi su alcune sue opere e sul quel poco che ha raccontato di sé. Ho immaginato la sua infanzia, la nevrosi di sua madre poi suicida, i suoi rapporti con le donne, la bambina conosciuta al cimitero alla quale avrebbe dedicato nel mio immaginario “la ragione pura” che rappresenta un cavallo biondo con sembianze umane, da cui il titolo, e l’altra, sua moglie Georgette, seguendo quei pochi elementi che la sua narrazione ci ha fornito. Forse ho voluto vedere cosa ci fosse dietro quella sua totale e apparente normalità.
L’Idea Magazine: Iliana, hai insegnato per molti anni storia e filosofia. Ti mancano i tuoi studenti? Iliana Iris Bellussi: Certo, tantissimo. È stato un lavoro molto bello. È stato bello poter insegnare la materia che avevo scelto di studiare all’università. Non è possibile a tutti. Per lavoro avrei potuto essere costretta a scegliere di insegnare italiano, e per me non sarebbe stata la stessa cosa. È stato molto arricchente confrontarmi con loro sulle tematiche filosofiche. I ragazzi, non tutti ma molti sicuramente, sono molto interessati al confronto filosofico. Ho bellissimi ricordi di quegli anni e per fortuna con Facebook ho ritrovato, se pur virtualmente, diversi alunni.
L’Idea Magazine: Scrivi anche poesie e alcune sono state inserite in un catalogo dell’artista Elena Rede. Come è nata questa cooperazione tra te e l’artista? Iliana Iris Bellussi: Elena Rede è per me un po’ come Magritte. Mi sono innamorata delle sue opere e mi è venuto spontaneo scrivere su alcune di esse alcuni pensieri, poesie. Le sono piaciute e le ha volute pubblicare. È un’artista davvero straordinaria, ti consiglio di guardare le sue opere su Google e quando vieni in Italia di visitare il suo atelier. Magico.
L’Idea Magazine: Ora stai sperimentando un nuovo approccio per il tuo prossimo libro. Vuoi parlarne? Iliana Iris Bellussi: Il curatore editoriale di Leone Editore mi ha proposto di partecipare a questa campagna. Mi sembrava interessante, una bella sfida, e ho accettato. Ogni giorno devo pensare a cosa scrivere sui social per attirare potenziali lettori del romanzo, preparare dei video per raccontarmi. Carlo, mio marito, che tu conosci bene, mi sostiene leggendo con la sua bella voce dei brani del romanzo. L’ha sempre fatto, anche quando facevo le presentazioni dei libri in presenza, e indubbiamente l’evento diventava più interessante e coinvolgente. Comunque l’obiettivo da raggiungere è quello di conquistare 200 potenziali lettori in 180 giorni per aver diritto alla pubblicazione. È difficilissimo ma ce la sto mettendo tutta.
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L’Idea Magazine: Hai qualche altro progetto in lavorazione? Iliana Iris Bellussi: Un altro romanzo già scritto che mi piacerebbe poter pubblicare. E poter fare qualche piccolo viaggio. Un po’ di libertà, insomma, che auguro a tutti. Speriamo!
L’Idea Magazine: In un periodo come quello in cui viviamo, questa situazione di Lockdown, quarantena ed isolamento ti permette di scrivere di più o non influisce in alcun modo sulle tue attività di autrice? Iliana Iris Bellussi: Per me è stata una bella risorsa scrivere. Mi ha fatto compagnia, mi ha aiutato a riempire le giornate e farmi sentire viva. Non è così scontato in questo periodo. Comunque i libri da scrivere o da leggere, sono sempre dei bei compagni.
L’Idea Magazine: Scrivi anche racconti o novelle? Hai mai inserito dei personaggi reali come amici o parenti nelle tue storie? Iliana Iris Bellussi: Non sono capace di scrivere racconti o novelle, non mi viene facile. Nelle mie storie ci sono spesso racconti che ascolto nella realtà e alcuni personaggi catturano certamente le personalità di persone che conosco, però sono un po’ mescolate fra di loro, non c’è mai una persona così come la conosco papale papale.
L’Idea Magazine: Se dovresti definirti con tre aggettivi, quali sarebbero? Iliana Iris Bellussi: Testarda, razionale, rompiscatole. Ma sempre innamorata della vita.
L’Idea Magazine: Sogni nel cassetto? Iliana Iris Bellussi: Scrivere e pubblicare. E stare in buona salute. Di questi tempi sembra un sogno nel cassetto.
L’Idea Magazine: Se tu potessi incontrare un personaggio del passato o del presente e porre qualsiasi domanda, chi sarebbe e che cosa chiederesti? Iliana Iris Bellussi: Ho sempre amato molto Giuseppe Garibaldi. Gli chiederei di venire a sistemare il nostro paese.
L’Idea Magazine: Un messaggio per i nostri lettori? Iliana Iris Bellussi: Nessun messaggio tipo” andrà tutto bene” perché mi pare che non abbia funzionato molto. In questo momento direi” affidiamoci alla scienza” che nella storia ha contribuito di gran lunga a migliorare le nostre condizioni di vita. Mi sembra che ce lo stiamo dimenticando. E “incrociamo le dita”, naturalmente.
Tiziano Thomas Dossena: Alessandra, l’orchestra che dirigi sta ricevendo molta attenzione negli ultimi tempi, nonostante la drammatica situazione con il Covid. Che cosa ti ha spinto a creare questo tipo di orchestra, con tutte componenti femminili? Crearla dal nulla sono sicuro non è stata un’opera facile. Potresti dirci quali furono gli ostacoli iniziali e come li superasti?Le musicista sono tutte siciliane o anche di altre parti d’Italia? Alessandra Pipitone: L’orchestra nasce nel 2017 quando fui chiamata da un carissimo amico gestore di un teatro dell’agrigentino, il quale mi invitò a creare un’orchestra tutta al femminile per dare un importante contributo di solidarietà nella giornata dedicata alla violenza di genere. Da quel momento nasce Women Orchestra, un connubio di donne tutte siciliane, tenaci e motivate, straordinarie professioniste appassionate che insieme a me continuano a credere al progetto per dare il nostro contributo artistico e morale. Devo riconoscere che non è stato difficile creare il gruppo, perché quando alla base ci sono obiettivi importanti, le donne sanno mostrano il loro reale valore!
Tiziano Thomas Dossena: Con la Women Orchestra, avete fatto molti concerti da quando è stata attivata? Alessandra Pipitone: Abbiamo fatto diversi concerti durante questi quattro anni di attività ma la vera svolta è arrivata lo scorso settembre quando Women Orchestra è approdata in tv facendosi conoscere al grande pubblico nella trasmissione “Tu sì que vales” su Canale 5. Questa grande visibilità mediatica ci ha permesso di farci conoscere un po’ ovunque, in Italia e all’estero, per cui lo scorso 16 dicembre, poi, siamo state ospiti dell’“Eu Web Awards” al Teatro Verdi di Pisa, insieme a Sting (da remoto), per la premiazione dei migliori siti Web dell’anno. Il 25 giugno prossimo parteciperemo, inoltre, all’“Io Talent Europe”, un tour che prevede 16 tappe europee nelle quali si esibiranno diversi talenti provenienti da ogni parte del mondo.
“WOMEN ORCHESTRA, UN CONNUBIO DI DONNE TUTTE SICILIANE, TENACI E MOTIVATE, STRAORDINARIE PROFESSIONISTE APPASSIONATE”
Tiziano Thomas Dossena: Tra le vostre varie performance avete anche scelto di suonare la musica di Ennio Morricone. Che cosa ti ha portato a questa scelta e quale è stato il risultato? Alessandra Pipitone: Morricone innegabilmente è uno dei Maestri italiani che ha saputo più di tutti scrivere musica che sappia toccare le corde dell’anima. La sua musica è ora seta, ora sentimento, ora pieno furore e sicuramente è la più amata dal pubblico perché con la sua semplicità riesce a raccontare le storie di noi tutti. Dentro ai suoi spartiti c’è cuore e anima, prima che note, e forse è per questo che la sua musica è così eseguita, ascoltata, preferita da milioni di persone. E chi meglio di noi donne può esprimerne la forte sensibilità racchiusa dentro ai suoi capolavori? Il nostro legame con la sua musica è fortissimo e per questo motivo abbiamo deciso di progettare un intero concerto dedicato al Maestro ma di cui abbiamo potuto solamente proporre una parte lo scorso dicembre durante un recital natalizio. Attendiamo la prossima stagione per presentare l’evento completo al pubblico.
“ENNIO MORRICONE. E CHI MEGLIO DI NOI DONNE PUÒ ESPRIMERNE LA FORTE SENSIBILITÀ RACCHIUSA DENTRO AI SUOI CAPOLAVORI? “
Tiziano Thomas Dossena: Quali sono i tuoi programmi futuri, sia con l’orchestra sia personali? Pensi che quando questa situazione con la pandemia terminerà, verrai anche a New York con la Women Orchestra? Alessandra Pipitone: Continuare a coltivare sogni è il modus vivendi che permette all’essere umano di sentirsi veramente vivo. Per questo motivo continuerò a progettare eventi nuovi e diversi affinché ci sia un sempre rinnovato entusiasmo nell’accogliere repertori nuovi e freschi. New York sicuramente è una delle mete più ambite dove mi piacerebbe portare l’Orchestra. Viaggiare ci piace molto e ci lega sempre di più. Venire in America tutte insieme sarebbe un’occasione davvero unica per noi, una vera boccata di ossigeno e di novità, un’esperienza come poche.
Tiziano Thomas Dossena: Tu dirigi anche l’Orchestra Filarmonica della Sicilia. Che differenza hai trovato nel dirigere queste due orchestre? Alessandra Pipitone: La passione e l’impegno sono identici. Sono due orchestre meravigliose, i musicisti sono amici più che semplici colleghi, e il presidente delle stesse, Nuccio Anselmo, è per me un fratello, un compagno di avventure. Con lui progettiamo continuamente nuove esperienze, muoviamo masse di artisti tra cori, musicisti, attori e ballerini. Insieme prepariamo le Opere da presentare per ogni nuova stagione concertistica, siamo una squadra. Amo entrambe le orchestre nel profondo, nasce con loro la mia dedizione alla direzione d’orchestra e per me sono come due bambine da accudire. La differenza sta sicuramente nell’approccio musicale e nella sensibilità. Un’orchestra abitata da sole donne ha una marcia in più in quanto a eleganza, non solo “fisica”, ma soprattutto spirituale. Le donne, quando cooperano insieme, fanno una magia. Inspiegabile a parole, la musica diventa spirito che parla al cuore.
Tiziano Thomas Dossena: Allora intendi solo dirigere orchestre o pensi anche di suonare il piano come concertista in un futuro prossimo? Alessandra Pipitone: Il pianoforte è il mio primo amore e non si scorda mai! Continuo a suonarlo e intendo continuare a collaborare con cantanti e musicisti nel prossimo futuro. Non mi sono mai dedicata al concertismo solistico perché amo lavorare con gli altri, amo organizzare le prove, gli incontri, la pizza dopo lo spettacolo, le risate prima e dopo gli eventi. Devo stare con la gente; per questo motivo le mie scelte musicali sono sempre cadute sulla musica d’insieme e ho approfondito gli studi al conservatorio in merito alla musica da camera e all’Opera. Ho scoperto amori sconosciuti, e non solo, ho conosciuto artisti di fama internazionale con i quali ho avuto il privilegio di collaborare.
Tiziano Thomas Dossena: Tu sei nata come pianista, ma i tuoi studi sono stati in vari aspetti della musica… Alessandra Pipitone: Il mio iter formativo è stato molto complesso e non credo abbia mai fine. Ho cominciato con lo studio del pianoforte all’età di sette anni, anche se con scarsi successi visto che preferivo le Barbie al solfeggio! Mio padre mi affidò alle mani del mio primo Maestro e cominciai a strimpellare una Roland E20 con la quale continuai i miei lentissimi miglioramenti fino all’età di 14 anni, periodo in cui conobbi il mio Maestro di Conservatorio. Lui riuscì ad accendere in me una miccia tale che mi portò a conseguire il primo diploma accademico in pianoforte a Trapani. Da quel momento in poi la musica divenne compagna di vita e cominciai un percorso di studio e dedizione non indifferente che mi permise di approfondire altre discipline e, grazie alla città di Palermo – crocevia di artisti e intellettuali meravigliosi – entrai nei circuiti musicali che mi portarono a credere nella professione del musicista. Approdai, quindi, alla musica da camera, all’Università alla specialistica in Musicologia, al repertorio operistico tramite un biennio apposito, e per concludere agli studi di direzione d’orchestra.
Tiziano Thomas Dossena:La musica è sempre stata un punto di riferimento essenziale nella tua vita? Componi musica o pensi di farlo in futuro? Alessandra Pipitone: La musica è stata sempre compagna fedele di vita. Nei momenti più bui te la ritrovi lì accanto che ti aiuta a sorreggere il peso delle difficoltà. Non compongo – ancora – ma sto studiando composizione e non escludo la possibilità di creare qualcosa di mio in tempi relativamente brevi. Sorpresa!
Tiziano Thomas Dossena: Chi ha influenzato di più la tua decisione di diventare direttore d’orchestra e chi è l’insegnante che ha lasciato il segno più profondo sulla tua formazione musicale? Alessandra Pipitone: Sicuramente devo ringraziare l’organizzatore del primo evento che mi ha voluto con una bacchetta in mano e a gestire il mio primo podio di fronte a decine di orchestrali, Michele De Luca. A lui devo l’inizio di una nuova vita e di nuova musica. Per il resto, molti sono stati gli insegnanti che mi hanno lasciato molto, a iniziare dai miei insegnanti di pianoforte, Salvatore Spanò e Ranieri Schicchi, il mio Maestro di Opera, Fabio Ciulla, il mio Maestro di Musica da Camera, Alberto Giacchino, il mio Maestro di Direzione d’orchestra, Carmelo Caruso, e poi due Maestri che mi hanno dato tanta fiducia e che purtroppo non ci sono più, il Maestro Giancarlo Bini e Lelio Giannetto (grande amico), i quali mi hanno lasciato un bagaglio umano e culturale incommensurabile. A loro devo l’aver compreso ciò che è la musica nel suo profondo.
Tiziano Thomas Dossena: Chi è il compositore che ti affascina di più, dal punto di vista di direttore d’orchestra, e quello che hai trovato più difficile da gestire? Preferisci dirigere concerti sinfonici o opere liriche? Alessandra Pipitone: Credo che il repertorio beethoveniano sia il più affascinante e complesso, sia dal punto di vista architettonico della struttura armonica che nel lirismo delle sue frasi; per non parlare dell’energia da sostenere dalla prima all’ultima nota. Stessa cosa vale per Brahms o per Mahler. Amo sia il repertorio sinfonico che lirico ma ho un ascendente particolare verso l’Opera, quella dove ti trovi a gestire musicisti, cantanti, coro, ballerini, scene… un’emozione mozzafiato! La letteratura sinfonica trovo che sia più difficile a livello tecnico perché il gesto deve essere sempre preciso e sempre diverso nello stesso tempo. Il repertorio lirico, invece, presenta problematiche legate alla gestione di grandi masse per cui bisogna conoscere a memoria le parti di tutti affinché si possa mettere insieme centinaia di personalità. E io lo trovo meraviglioso!! Credo di essere più tagliata per il repertorio lirico, amo le sfide! Ho già diretto Opere di Mascagni, Puccini, Verdi, Rossini e non vedo l’ora di avventurarmi sempre in nuove storie perché mi sento coinvolta emotivamente in prima persona.
“L’AMORE PER QUELLO CHE È LA MIA PASSIONE, FARE MUSICA, È STATO SEMPRE ACCANTO AL MIO ESSERE DOCENTE. I MIEI RAGAZZI SONO UN MOTIVO IN PIÙ PER DARE IL MIO CONTRIBUTO ALLA CULTURA E ALLA MUSICA.”
Tiziano Thomas Dossena: Tu insegni anche al Liceo… La gente molto spesso dimentica che insegnare non è solo passione ma anche un’arte. Insegnare ti da anche molte soddisfazioni?Pensi che sei riuscita a bilanciare le due professioni senza che una ne risenta? Alessandra Pipitone: Ci provo! L’amore per quello che è la mia passione, fare musica, è stato sempre accanto al mio essere docente. I miei ragazzi sono un motivo in più per dare il mio contributo alla cultura e alla musica. Insegno Teoria e pratica musicale per la danza e sono pianista accompagnatore delle classi di danza del Liceo Coreutico di Palermo; mi sento una privilegiata perché ho la possibilità di lavorare insegnando una disciplina affine al mio mondo musicale e cerco di appassionare i ragazzi come hanno fatto i miei maestri con me. Cerco di bilanciare le due professioni senza togliere energie all’una o all’altra professione; non è sempre facile ma tutto gira intorno all’organizzazione del proprio tempo e dei propri spazi. Se vogliamo, tutto è possibile.
Tiziano Thomas Dossena: Se tu potessi definirti con tre aggettivi, quali sarebbero e perché? Alessandra Pipitone: Semplice, solare e pasticciona! Ahahahah…tutto vero! Sono una ragazza che trova sempre il bello e la gioia nelle cose e negli eventi della vita. Non riesco a scoraggiarmi facilmente e sono abituata a trovare soluzioni piuttosto che a concentrarmi sui problemi; vivo bene, con me stessa e con chi mi circonda. Se emani luce, attrai luce! Ti confesso pure che qualche anno fa ho vissuto un momento molto difficile per colpa di una malattia che per fortuna ho superato, ma ti dirò, anche in quel momento, se da un lato ho immaginato di abbandonare tutti i miei sogni e progetti, dall’altro ero davvero felice perché ho fatto tanto nella mia vita e ho vissuto esperienze uniche che mi hanno dato tanto. E poi sono pasticciona…sono un vulcano di pensieri per cui dimentico facilmente dopo poso le cose e quindi dove ritrovarle. Il mio compagno mi adora per questo…o no?! Scherzi a parte…è vero, sono un po’ sbadata. Concedetemelo…è l’arte del genio!
Tiziano Thomas Dossena: Se tu avessi l’opportunità di incontrare un personaggio del passato o del presente, qualsiasi personaggio che tu desideri, chi sarebbe e di che cosa parleresti con lui, o lei? Alessandra Pipitone: Incontrerei Leonardo Da Vinci! Un uomo straordinario dalle mille sfaccettature considerato uno dei più grandi geni dell’umanità che portò alle maggiori forme di espressione i più disparati campi dell’arte e della conoscenza: fu infatti scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, scenografo, matematico, anatomista, botanico, musicista e costruttore di strumenti, per dire solo alcune delle sue svariate attività. Sarei curiosa di entrare nella sua bottega e di chiedergli i suoi segreti, ciò che rende le sue opere un mistero tra bugia e verità, cos’è la bellezza, come fare dell’arte un capolavoro di vita, seguirei le sue lezioni d’arte e di musica.
Tiziano Thomas Dossena: Sogni nel cassetto? Alessandra Pipitone: Nella libreria! Mille sogni ancora e mille avventure da vivere. Ho voglia di viaggiare, portare la mia musica nel mondo, conoscere nuove lingue, nuovi usi e costumi. Voglio studiare ancora, composizione, direzione di coro…voglio riprendere la mia attività di coach di cantanti e…avere un bambino a cui presentare questo splendido mondo!
Tiziano Thomas Dossena: Un messaggio per i nostri lettori? Alessandra Pipitone: Siate felici! Questo è quello che auguro a tutti. Che il sorriso sulle labbra divenga esercizio quotidiano per attrarre a sé tanta positività. La vita è breve e va vissuta al meglio. Bisogna prendersi cura del proprio corpo e della propria anima. Rimanete curiosi e con tanta voglia di fare e sperimentare.
Marcello De Carolis si diploma in chitarra classica al conservatorio G. da Venosa di Potenza nel 2012 con il massimo dei voti e lode. Frequenta numerosi corsi e masterclass tenute da diversi maestri tra cui: Angelo Gilardino, Luca Fabrizio, Roland Dyens, Leo Brower, Aniello Desiderio. Intraprende lo studio della chitarra battente con il maestro Francesco Loccisano.Nel 2015 fonda, insieme al maestro Luca Fabrizio, il duo “Cordaminazioni” in cui suona la Chitarra Classica e la Chitarra Battente e con il quale ha inciso il disco omonimo edito da Italysona.Nel 2017 il maestro Angelo Gilardino dedica a lui e al maestro Luca Fabrizio la composizione “Albero Solitario”per chitarra battente e chitarra classica e nel 2018 il “concerto di Matera” per chitarra battente e 10 strumenti. Entrambi i brani sono stati incisi da De Carolis e sono stati pubblicati a febbraio 2021 con l’etichetta Da Vinci Classics nel suo primo disco da solista “The Eclectic Beating – Contemporary music for chitarra battente”. Dal 2017 inizia la collaborazione con Francesco Loccisano. I due, oltre all’attività concertistica che li ha portati in tour per l’Italia, hanno già all’attivo la pubblicazione di “La chitarra battente – metodo base” edito da fingerpicking.net e il disco “Venti” edito da Italysona.
Tiziano Thomas Dossena: “The eclectic beating –Contemporary music for chitarra battente” è il tuo album di debutto da solista. A cosa miri con questo album? Marcello De Carolis:In questo album molto eterogeneo ho voluto mostrare le numerose possibilità della chitarra battente. Per secoli costretta ad essere uno strumento designato per il solo accompagnamento al canto; ho “sposato” la causa di Francesco Loccisano che ha creato uno stile del tutto personale facendola diventare uno strumento solista. Così la mia sfida è stata quella di rapportare la chitarra battente a diversi generi musicali affidandomi alle composizioni di diversi compositori: parto dalle prime composizioni di musica colta per chitarra battente di Angelo Gilardino (il “Concerto di Matera” e “Albero solitario”); due brani che rappresentano l’animo di Francesco Loccisano (Clizia e Argento); una mia trascrizione di Spain di Chick Corea aprendo la chitarra battente al jazz; e chiudo il disco con un mio brano, Gocce, una semplice composizione ispirata alla musica popolare sviluppata in un ritmo dispari che difficilmente si trova nella musica popolare italiana. Inoltre ho portato la chitarra battente a dialogare alla pari con uno strumentario classico nel Concerto di Matera (quintetto d’archi e quintetto di fiati); la chitarra classica in Albero Solitario; cajon e ukubass in Argento e Gocce; chitarra classica, cajon, ukubass e flauto in Spain. Ma anche la potenzialità della chitarra battente sola in Clizia. Per questi dialoghi musicali ringrazio i musicisti che mi hanno accompagnato: l’ensemble diretto dal maestro Tonino Battista, Luca Fabrizio, Luciano Brancati e Domenico Picciani.
Tiziano Thomas Dossena: Dalle note di copertina del tuo album si evince che esiste un legame tra la chitarra battente e la cultura popolare della tua regione, la Lucania (Basilicata). Sei d’accordo con questo giudizio? Marcello De Carolis: La chitarra battente è sopravvissuta fino ai nostri giorni per essere diventato uno strumento popolare. In Italia fino al 1900 era la chitarra Italiana conosciuta da tutti, mentre la chitarra classica era definita “la chitarra francese” e le altre chitarre erano poco conosciute. In seguito, con la globalizzazione, la difficoltà di costruzione della chitarra battente e la difficoltà di comporre per questo strumento, ha rischiato di scomparire. Da qui sono certo della presenza della chitarra battente anche nella mia regione, la Basilicata. E il suono della chitarra battente ha richiamato in me radici arcaiche, insite dentro me come dentro ad ogni lucano, così come in ogni Italiano.
Tiziano Thomas Dossena: In che cosa si distingue la chitarra battente da quella classica e perchè l’hai scelta come tuo strumento per questo album? Marcello De Carolis: La chitarra battente si distingue dalla chitarra classica sia per costruzione che per le tecniche esecutive. Infatti le prime differenze che saltano all’occhio sono che è più piccola, ha il fondo bombato a doghe e ha 10 corde metalliche. Le corde sono raggruppate per cori (a due a due sono vicine tra di loro e si schiacciano con la mano sinistra e si pizzicano con la destra contemporaneamente). I cori sono accordati all’unisono e a differenza della chitarra classica l’accordatura è rientrante. Quindi il coro più grave è il terzo, quello centrale, e non ha le corde basse. Da questa differenza di accordatura nascono le prime differenze dal punto di vista esecutivo: la gestione di diteggiature sia per la mano sinistra che per la destra è completamente diverso e pensare anche una semplice scala per cercare di sfruttare l’accordatura rientrante fa si che l’approccio mentale allo strumento sia totalmente diverso. Inoltre la battente si esprime molto bene nello strumming quindi le tecniche della mano destra sono molte di più rispetto alla chitarra classica. Paradossalmente non sono stato io a scegliere la chitarra battente ma è stata lei a scegliere me. Dai primi giorni in cui ho avuto la mia prima chitarra battente tra le mani ho sentito un forte legame che mi ha spinto e continua a spronarmi ad andare avanti e a scoprire sempre più su questo magico strumento. Quindi è stato naturale per me esordire da solista con un disco per chitarra battente.
Tiziano Thomas Dossena: Tu però suoni ambedue le chitarre. Hai anche creato un duo nel 2015, Cordaminazioni, con un tuo ex insegnante, Luca Fabrizio. Mi pare un grande onore che un insegnante ti consideri all’altezza di diventare un collega in soli tre anni… Marcello De Carolis: Si, mi sento davvero onorato ad essere arrivato a collaborare con un mio insegnante. Luca oltre ad essere il mio insegnante che ha svoltato la mia visione musicale e strumentale, è diventato mio amico e confidente. Mi sento suo allievo ancora oggi. Infatti prima di registrare qualcosa, una lezione di rifinitura con lui non manca mai. In realtà ci sono voluti più di tre anni, ma comunque per me è un grande onore. Nel nostro duo Cordaminazioni io suono la chitarra classica e la chitarra battente mentre Luca suona la chitarra classica, il mandolino, la mandola, il cuatro, il charango e il cavaquinho. Quindi contaminiamo gli strumenti del sud Italia e del sud America. La nostra è una contaminazione di culture, di sud del mondo, di musica che nasce dal popolo, il tutto legato da fili sottili, sottilissimi, le corde appunto. Da qui il nostro nome di “Cordaminazioni”. Nel nostro primo disco che si chiama come il nostro duo, Cordaminazioni, abbiamo voluto raccontare cosa succede nei nostri concerti. E passando dagli strumenti del sud Italia a quelli del sud America, contaminiamo anche le musiche di queste due culture che si fondono tra musica colta e musica popolare. Così spaziamo da composizioni di Antonio Lauro e Waldir Azevedo a quelle di Francesco Loccisano, Eugenio Bennato, Raffaele Calace in uno spaccato di storie, miti e musiche che raccontano storie di sud.
Tiziano Thomas Dossena: Nel 2017 hai iniziato una collaborazione con Francesco Loccisano, anch’egli tuo ex insegnante. Con lui hai scritto il libro “La chitarra battente – metodo base” edito da fingerpicking.net, e prodotto un disco, “Venti” edito da Italysona. Puoi parlarci un poco di questa collaborazione? Marcello De Carolis: Francesco è stata la persona che mi ha aperto al mondo della chitarra battente. Il nostro è stato un rapporto “indefinito”, non ci siamo mai visti come maestro ed allievo, ma due persone unite dalla passione comune della chitarra battente. Non esiste un momento preciso in cui è iniziata la nostra collaborazione, ma da subito si è creato uno scambio con un solo proposito: l’arte della Chitarra Battente. All’inizio ci sembrava impossibile far dialogare due strumenti solisti, ma il suono del duo ha preso subito forma ed unicità nel momento in cui la creatività e l’espressione sono diventate complici. Così abbiamo deciso di provare a trasmettere l’arte della chitarra battente a chi si approccia per la prima volta al mondo della musica. Abbiamo così scritto “La chitarra battente – metodo base” edito da fingerpicking.net per creare un punto di riferimento per tutti coloro che si approcciano alla musica per la prima volta e lo vogliono fare con la chitarra battente. E dal 2020 per il nostro duo è scattata quasi automaticamente la registrazione del disco Venti, una sorta di “The best of” dei brani di Francesco Loccisano che ho prima studiato con lui per imparare le varie tecniche della chitarra battente e che poi insieme abbiamo ri-arrangiato per due chitarre battenti per dare una nuova potenza evocativa e sonora alla musica di Francesco ed alla chitarra battente.
Tiziano Thomas Dossena: Vedo dal disco che anche tu componi musica… Marcello De Carolis: Non mi sento ancora un vero e proprio compositore. Ad oggi ho scritto ancora pochi brani, uno di questi è Gocce che ho deciso di inserire nel mio disco. In questo brano ho una visione un po’ “distorta” della chitarra battente: partire dall’ispirazione di matrice popolare distorcendola verso un tempo dispari insolito per la musica popolare del sud Italia. Le mie ispirazioni sono davvero tante ed in questo disco ho in qualche modo voluto mostrarmi per ciò che sono: un amante della musica di tutti i tipi, dalla musica classica, alla contemporanea, dalla musica di tradizione al pop e al jazz. Quindi prendo ispirazione dalla musica che ascolto ma anche dai musicisti con cui collaboro ed in particolare da Francesco Loccisano, Luca Fabrizio e Raffaello Simeoni. E di certo viaggi, concerti e le emozioni che riporto a casa dopo ogni esperienza musicale sono la prima ispirazione per me.
Tiziano Thomas Dossena: Hai altri progetti in lavorazione al momento? Marcello De Carolis: Al momento i progetti futuri sono tanti. Quello in lavorazione e che di sicuro avverrà al più presto è un nuovo disco, questa volta più omogeneo, che raccolga le nuove composizioni di chitarra battente. Dalla strada aperta dal maestro Gilardino, molti sono i compositori colti che si stanno dedicando alla scrittura per chitarra battente. Quindi sarà un disco di musica colta per chitarra battente sola e ci saranno le composizioni di: Kevin Swierkosz-Lenart, Franco Cavallone, Edoardo Dadone, Alfredo Franco, Pierpaolo Palazzo, Roberto Piana, Oscar Bellomo, Massimo Ceccarelli e ancora Angelo Gilardino.
Tiziano Thomas Dossena: Sogni nel cassetto? Marcello De Carolis: Di sicuro il mio sogno più grande è quello di portare la chitarra battente in tutto il mondo per far conoscere ed ascoltare il suo suono magico. La chitarra battente porta con sé la cultura popolare ricca di magia e stregoneria, quindi riesce a stregare chiunque la ascolti con il suo suono ricco di armonici e il suo danzare che porta in trance i musicisti e il pubblico che ascolta la sua musica.
Tiziano Thomas Dossena: Se tu avessi l’opportunità di incontrare un personaggio del passato o del presente, qualsiasi personaggio che tu desideri, chi sarebbe e di che cosa parleresti con lui, o lei? Marcello De Carolis: Di sicuro, come probabilmente ogni chitarrista, sogno di poter incontrare il grande maestro Andrés Segovia, ispirazione mia e di ogni chitarrista. Mi piacerebbe parlare e discutere con lui su come abbia fatto a portare la chitarra classica nel mondo, creando un nuovo mondo per uno strumento che per secoli era stato visto come uno “strumento inferiore”. Gli chiederei se ha sofferto nell’eliminare le barriere mentali e culturali del tempo e come sia riuscito a farsi apprezzare ed incoronare come il più grande chitarrista del novecento.
Tiziano Thomas Dossena: Ser tu potessi definirti con tre aggettivi, quali sarebbero e perché? Marcello De Carolis: Non amo “etichettare” e quindi farlo su di me diventa ancora più difficile. Descrivermi in tre aggettivi è davvero difficile e complicato per me. Sono una persona eclettica in quanto mi interesso di vari aspetti ed in vari campi (non a caso questo disco è molto eterogeneo e l’aggettivo eclettico è presente nel titolo). Testardo, fin da piccolo quando mi prefissavo un obiettivo ho sempre cercato di portarlo a termine ponderando tutte le mie mosse come in una partita a scacchi, sempre nel rispetto delle regole e del prossimo. Infine credo che sostanzialmente sono un sognatore. Sogno la bellezza, il bene e l’arte e spesso mi dimentico la realtà delle cose, ma questa è forse anche la forza che mi permette quotidianamente di fare musica e di abbracciare le mie chitarre appena sveglio al mattino fino alla sera prima di andare a dormire. Insomma, come amiamo definirci con Francesco Loccisano, siamo “sognatori di chitarra battente”.
Tiziano Thomas Dossena: Chi è il compositore di musica per chitarra che ti affascina di più e perché? Marcello De Carolis: Il compositore per chitarra che di sicuro mi affascina di più è Angelo Gilardino e sono davvero felice che abbia deciso di scrivere per chitarra battente e che abbia voluto dedicarmi le sue composizioni. La musica di Gilardino è profonda e scava nell’anima dell’esecutore e dell’ascoltatore, non cade mai in semplice e banale esibizionismo o tecnicismo, ma il tutto è sempre ben ponderato. La sua musica è come un’opera architettonica di dimensioni imponenti con alle spalle uno studio ed un calcolo magistrale, ma chi la costruisce e chi la ammira ne può apprezzare in primis e soprattutto la bellezza restandone affascinato ed incantato.
Tiziano Thomas Dossena: Un messaggio per i nostri lettori? Marcello De Carolis: Auguro a tutti i lettori di L’Idea Magazine innanzitutto di restare sani in questo periodo difficile per tutto il mondo, stringere i denti per poterci rialzare tutti insieme da questa pandemia e ripartire tutti insieme con l’arte che ci supporta e magari diventando tutti “sognatori di chitarra battente”.
L’Idea Magazine: Lei è milanese di nascita e monegasco di adozione. Cosa l’ha portato a trasferirsi nel Principato di Monaco? Domizio Cipriani: Buongiorno a tutti e grazie per la cortese intervista. Sono stato attratto dal Principato sin da giovane, per il suo inquadramento geografico, per la sua economia, per la qualità di vita e per il suo status cosmopolita. A Milano ho sempre gestito le attività di costruzioni e di sviluppo immobiliare di famiglia ed un giorno mi sono detto, perché non replicare e sviluppare questa attività redditizia beneficiando anche di un clima più mite e del mare? Allora un giorno, nonostante non conoscessi nessuno sul posto, uscendo completamente dalla mia zona di comfort, iniziai a frequentare l’ambiente monegasco, creai le mie prime società, sino poi a decidere di trasferirmi definitivamente. Oggi potrei dire di essere in vacanza tutto l’anno! Perché facendo quello che ho creato e che amo, vivere è un piacere ed un divertimento; lavoro come fiduciario e consulente finanziario internazionale, tengo corsi e conferenze, nel 2010 venni chiamato a riattivare la parte interna dell’ordine del Tempio per cooptazione, pratico quotidianamente molto allenamento fisico e mentale, e tutto ciò non è assolutamente un peso, anzi!. È proprio il mio successo e la mia esperienza vissuta, che voglio trasmettere agli altri.
L’Idea Magazine: Nel Suo libro “Templar Order”, Lei asserisce che fu solo durante una delle cerimonie templari che sentì la necessità di passare all’azione e di fare della beneficenza. Devo dedurre che lo scopo iniziale della resurrezione dell’Ordine non fu quindi quello di fare beneficenza. Che cosa l’ha spinto dunque a far risorgere l’Ordine dei Templari e perché ha scelto Montecarlo? Domizio Cipriani: Come dicevo, venni chiamato a riattivare la parte interna dell’ordine del Tempio per cooptazione; l’Ordine del Tempio è un’istituzione millenaria che ha sempre avuto un seguito ufficiale nel Principato di Monaco. Gli scopi dell’Ordine e del suo centro studi, sono principalmente quelli di trasmettere l’Antica conoscenza spirituale ereditata dai nostri illustri predecessori, favorirne la divulgazione e creare dei nuovi gruppi di studio del campo quantico o coscienza collettiva, ed occuparsi del sostegno degli indigenti. Tutte queste antiche conoscenze, sono arrivate sino ai giorni nostri in forma riservata, tramite la parte interna dell’Ordine del Tempio, chiamata Ordine di Oriente, fortemente voluta e sostenuta dal Pontefice Giovanni XXII nel 1317 dopo la bolla di sospensione emanata dal Papa Clemente V qualche anno prima. Il piccolo raggruppamento di Templari Alchimisti scampati agli arresti e rifugiatesi in Inghilterra prima ed in seguito in Scozia, presero appunto il nome di Freres Ainees de la Rose + Croix, durante la santa inquisizione fecero parte della Compagnie Angelique portata in seguito a Monaco dal Principe di Polignac. Nel 1952 il Principe Rainier III decise di ufficializzare l’Ordine pubblicamente ed eccoci ai giorni nostri. Potrete trovare tutti i passaggi storici nel mio libro “Templari e Rosacroce – l’Ordine di oriente” edito da Bastogi libri in lingua italiana ed in lingua inglese. In merito la beneficenza è bene precisare che, “dare non vuol dire necessariamente fare”, aspetto molto più importante descritto nel mio libro; pertanto non basta dare del denaro ad una grande NGO o struttura internazionale privata o ecclesiastica, che comunque ne userà almeno l’80% per le spese di struttura, funzionamento ed impianto, riversandone solamente una minima parte a favore degli indulgenti finali. È molto meglio agire di persona, passare all’azione, andando a distribuire i generi alimentari e i pasti caldi direttamente ai poveri, o occuparsi del proprio vicinato; è questo che ho voluto trasmettere nel mio libro. L’ aforisma, contenuto anche nel mio blasone è: “Cogli la saggezza dal silenzio ed usa il silenzio per creare. Il miglior maestro è colui il quale è capace di restare allievo”. Potrei affermare una mia esperienza di vita: “Non devi mai rinunciare a te stesso”.
L’Idea Magazine: Qual è lo scopo, oggigiorno, dell’esistenza di questo Ordine? Domizio Cipriani: La parte interna dell’Ordine ad oggi è al 9902° anno di esistenza [ndr: la data mi e` stata confermata dal Sig. Cipriani], tramite il nostro centro studi e l’accademia ci stiamo limitando a continuare l’opera dei nostri illustri predecessori. Soprattutto perché, dopo secoli di silenzio, siamo richiamati in causa per tutelare i nostri diritti quali esseri umani, in questi periodi oscuri. Chiamati in causa per portare la luce e rendere pubbliche all’umanità le antiche conoscenze spirituali mai divulgate prima. Prendendo comunque le opportune distanze dalla galassia di scuole iniziatiche, ordini neo templari o massonici, governati da maestri spesso autoproclamati dal nulla, che si potrebbero definire folklore o addirittura “bidoni”, con adepti mossi da motivi affaristici, di arrivismo sociale o ancora peggio da esagerazioni di manifestazioni dell’ego. È proprio per questo motivo che, per evidenziare chiaramente le differenze che ci contraddistinguono, stiamo realizzando, tramite il nostro centro studi Monégasco, una serie televisiva dal titolo INFINITY, quali guardiani delle antiche conoscenze Rosa+Croce. Potrete visionare il teaser ed il trailer di presentazione, nella sezione opportunamente dedicata, all’interno del nostro sito web ufficiale. https://www.knighttemplar.net/TemplarForum/jsp_2/studyBookInfinity.jsp Lo scopo dei corsi dell’accademia del nostro centro studi, tenuti dai docenti che fanno parte del nostro comitato scientifico, è di far apprendere a tutti le antiche conoscenze spirituali per vivere nel qui ed ora, nel momento presente, senza essere affetto di sensi di colpa del passato o paura del futuro, l’antica via del monaco guerriero adattata ai giorni nostri. Questo utilizzando l’emisfero destro del nostro cervello, la nostra parte intuitiva. Per imparare a creare nuove opportunità a crescita esponenziale, utilizzando appunto la connessione con il campo quantico o coscienza collettiva ed il silenzio. I corsi parificati con l’università de Montaigne di Milano sono aperti a tutti gli interessati.
L’Idea Magazine: Recentemente abbiamo pubblicato una intervista allo scrittore Michele Allegri, che ha studiato le varie peripezie di questo Ordine nel corso della storia. Allegri asserisce che “esponenti fondarono l’Ordine nel 1118, rendendolo potente ed immettendo in esso una vera e propria religione segreta, conosciuta solo ai livelli più alti dell’organizzazione, dagli alti dignitari e dal Gran Maestro. Questa religione aveva miti e riti propri, esoterici, negromantici ed antitetici rispetto alla religione cattolica e alla Regola data loro nel 1128”. Se questo è vero, come mai far risorgere quest’Ordine? Domizio Cipriani: Come dicevo, ho scritto 13 libri in diverse lingue per descrivere tutti questi segreti e misteri che avvolgono il mito dell’Ordine, sono facilmente reperibili su Amazon e nelle principali librerie, pertanto è molto difficile riassumere la storia di 9902 anni di trascendenza in poche righe. Comunque citiamo i passaggi chiave che spinsero i primi 7 aristocrati francesi a lasciare tutti i loro averi e partire per una missione in Terra Santa, dove restarono nove anni… In realtà, inizialmente partirono per Costantinopoli e per la Persia ove appresero le conoscenze gnostiche dai Sufi Ismaeliti, (dei Fatimiti con i quali convissero e collaborarono in pace per molto tempo), e le conoscenze taoiste importate dall’impero di Gengis Khan; in Egitto appresero le antiche conoscenze dai pochi membri della comunità essena sopravissuti. Al rientro dalla missione, con San Bernardo, informarono il Papa delle scoperte acquisite in oriente nella casa dei padri, alchimia, astrologia, matematica, geometria, filosofia; il Papato al potere da poco tempo, a seguito della battaglia di Canossa del 1077, preferì trovare un’alleanza piuttosto che poterli avere come nemici. Fu così che diede loro pieni poteri, esentandoli dalle tasse e sottoponendoli esclusivamente al suo comando; in quel momento nacque la piu’ grande multinazionale della storia. I Templari o commilitoni del Cristo ed i Re Franchi dal quale presero vita, erano i discendenti delle famiglie del Graal, seguaci della religione di Giovanni, del cristianesimo gnostico, dello spirito incarnato di Sant’Elia, dell’Hermes. Tali conoscenze spirituali, i rituali di iniziazione e le conoscenze esoteriche erano praticate solo da pochi membri dell’ordine, solitamente siniscalchi e cappellani. Per esempio, il simbolo che portiamo sul nostro bianco mantello, la rossa croce patente o croce delle otto beatitudini, ha molte chiavi di lettura. Una di queste molto interessanti è che se osserviamo il sole con un telescopio di alta qualità, all’interno dell’astro, vediamo formarsi proprio incredibilmente questa forma, potrete trovare i video in rete. Helios. Un’altra rappresentazione della croce patente è nel fiore della vita, in piena armonia con il numero aureo ed è di colore rosso, l’ultima fase dell’alchimia del coaugula, sul mantello bianco seconda parte alchemica del solve. Tutto porta verso l’uno o il suo anagramma: UNI-VERSO. Durante le mie ricerche nella biblioteca dell’Ordine, costituita da oltre 20.000 libri di alchimia, ermetismo, filosofia e fisica, ho avuto modo di approfondire la storia di Ulrich de Mayens. Ex voto compagno di studi di Lutero, guaritore, entità guida e maestro di Michel de Nostre-Dame, meglio conosciuto come Nostradamus. Ulrich de Mayens fu alchimista e guaritore della peste del 1500, autore dell’enciclopedia Arbor Mirabilis, o “albero della conoscenza” menzionato nella genesi, opera che servirà da guida alle generazioni future, ed autore dell’aforisma: “ama il tuo prossimo piu’ di te stesso”. A seguito della sua ricerca interiore del vaso meraviglioso, fu attore di numerose avventure in India, in Cina ed in Tibet tra il 1540 ed il 1547. Venne curato nel 1528 per un lungo periodo da Michel de Nostre-Dame, suo estimatore e discepolo di vent’anni piu giovane, nei pressi di Monsegur in casa di una giovane donna catara, Isabelle de Montguibert nata a Napoli da due aristocratici, morti quando lei era molto giovane. Napoli era la culla degli Arcani Arcanorum della Confraternita Rosecroix d’Or ed i Monaci Catari erano i detentori della conoscenza criptica atlantidea. La giovane donna soprannominata Dame Gioconda, deteneva un manoscritto molto antico, con dei sigilli, precedentemente conservato in una unica copia nel Conventi Soppressi della biblioteca nazionale di Firenze, dal titolo “Liber de Doubus Principiis”, unica opera teologico/ filosofica della dottrina catara sopravvissuta alla santa inquisizione. Il libro pervenuto a Carcassonne tramite le mani di Teodorico I° “il Grande”, Re dei Visigoti, il Libro della Grande Legge rivelata agli umani dagli spiriti ascesi, o maestri invisibili “superieurs inconnues”, che suggerirono agli iniziati come rivelarne i contenuti e come spiegarli. La Sacra dottrina del GRAAL, la stella simbolica della rivelazione apparsa a Mons-Securus, rivelazione portata nelle indie dall’Apostolo Tommaso… ove accompagnato da Giuda e Taddeo, incontrò molti grandi Re e Maharajàhs, praticando molte guarigioni tra il popolo, sino ad arrivare alle porte del paradiso terrestre, a Colombo (Ceylon). Poi guidati dall’ispirazione divina, trovarono nella cripta di un tempio, dodici tavole di bronzo di 87 kg l’una, delle dimensioni di 40x60x3 cm, con incisa la storia dell’umanità. Tommaso riportò il tutto il contenuto nel “Vangelo di Tommaso l’Israelita”, ancora esistente nella biblioteca nazionale Casier Migne. Taddeo, rientrando a Gerusalemme, ne riportò una nel Tempio; l’altra, denominata “codex Artabazii”, fu seppellita vicino al corpo di Tommaso, deceduto durante il rientro, ai piedi di una montagna nei pressi di Coromandel nel Bengala, e conteneva la profezia più importante mai elaborata: l’Apocalisse di Tommaso. La tavola saccheggiata dal Tempio di Salomone arrivò a San Pietro a Roma, poi Alarico la saccheggiò insieme agli altri tesori e portò tutto in Calabria, ed in seguito a diversi omicidi tra Visigoti, Teodorico le portò a sua volta a Mont-Segur. Luogo in cui secondo le predizioni avrebbe dovuto restare sino al compimento finale del destino dell’umanità. Ecco cosa protegge il famoso Priorato di Sion o “scienza delle scienze” nei dintorni di Rennes le Chateaux, il libro sacro ed una tavola di bronzo. Dame Gioconda, ritratta da Leonardo da Vinci, era una giovane Monaca Perfettibile catara, figlia di Francesca delle Rocca, Dama alla Corte di Lucrezia Borgia e del Barone francese Hugues de Montguibert, studiosa di lettere latine, greche, ebraiche e soprattutto di musica e di teologia, oltre che di letteratura profana, si dice che conoscesse a memoria la bibbia ed altri testi antichi. Ricevette in dono nel 1517 da Caterina di Navarra, per i servizi resi alla Corte da parte di suo padre, la casa in cui viveva e nella quale era solito recarsi Michel de Nostre-Dame in visita. A questo punto a voi di scoprire il velo dei messaggi criptici trasmessi da Leonardo… Forse per sfuggire tramite l’arte e la scienza alla santa inquisizione, ed i messaggi lasciati da Ulrich nato da un uovo verde dorato, trovato e salvato neonato vestito come un re con corona, scettro e spada, da una banda di malviventi sul Reno in una piccola gondola alla deriva….. Alchimia, teosofia, taumaturgia?
L’Idea Magazine: Tra poco sarà pubblicato un Suo libro sulla Alchimia Essena. Di che cosa tratta? Che cos’è l’alchimia essena? Domizio Cipriani: Facciamo una premessa: i libri in questione sono due, “I templari e gli Esseni, un filo invisibile una memoria vivente” della Santelli editore e “Le preghiere alchemiche ed ermetiche dei Rosa+Croce” delle edizioni Luoghi interiori, e trattano argomenti diversi. Le guarigioni tramite la taumaturgia ereditate dalle conoscenze degli Esseni e le Preghiere Ermetiche di San Tommaso teurgia trasmessa ai giorni nostri dai Rosacroce d’oro; ambedue portano alla vera alchimia spirituale dal quale si può comprendere che “non può esistere scienza senza coscienza”, la vera alchimia è dentro ognuno di noi, la via del Graal è la consapevolezza della beatitudine tramite la GRATITUDINE. È un manoscritto/manuale pratico, contenente anche esercizi quotidiani per imparare a vivere nel momento presente in piena ed efficace salute mentale.
L’Idea Magazine: Un altro Suo libro in fase di pubblicazione sarà sull’ermetismo. Intende il movimento poetico o tratta altri argomenti? Domizio Cipriani: Visti i tempi maturi, i maestri Rosa+Croce riuniti nell’attuale sede di rappresentanza internazionale nel Principato di Monaco, denominata tecnicamente Grande Maison Metropolitaine d’Initiation, hanno deciso di svelare alcune conoscenze per la crescita etica e spirituale dell’umanità. Rivolta esclusivamente a chi ha “orecchie per intendere”, senza voler violare il libero arbitrio di ognuno di noi. La via spirituale è un’esperienza da vivere e condividere e non vuole e non deve in nessun modo sostituirsi al credo religioso personale, che al contrario deve essere mantenuto e seguito. Ho pensato di dare alla luce, a disposizione di tutti, dei testi elaborati direttamente da nostri saggi venerabili maestri, uno dei quali, Giuliano KREMMERZ, ha voluto essere sepolto nel cimitero di Beausoleil, un piccolo comune francese confinante con il Principato di Monaco, che frequentava spesso. Grazie Maestro! LA SCIENZA ERMETICA concepisce l’Essere costituito da quattro parti elementari che rappresentano i quattro elementi universali e le quattro fasi involutive del principio di vita intelligente.- SOLARE, Fuoco – Principio di vita intelligente:- MERCURIALE, individualizzazione aerea del principio, prima umanizzazione.- LUNARE, mediatore plastico – Corpo astrale o lunare.- SATURNO, Terra – Corpo tangibile, organismo sensoriale. Si consiglia la lettura degli altri libri che costituiscono la collana dell’autore per avere tutti i dati storici e bibliografici a completamento del contenuto di questo manoscritto, forse per molti versi poco interpretabile da non iniziati. In qualsiasi caso la via ermetica alchemica è semplice, è semplicemente introspettiva, basta la volontà di lanciarsi alla ricerca incondizionata del nostro “SE”. “TEMPLAR ORDER – il cammino dei templari, la via verso la saggezza“ tradotto in quattro lingue, “I CAVALIERI TEMPLARI, storia, segreti, filosofia spiritualità”, nella top ten di Amazon dei migliori libri sui Templari “LE PRIEURÉ DE SION” una scienza sociale, “ATLANTIDE, PRIEURE DE SION ED I CAVALIERI DEL TEMPIO”, “TEMPLARI E ROSACROCE, L’ORDINE D’ORIENTE”in versione italiana ed inglese. “I TEMPLARI E GLI ESSENI, un filo invisibile una memoria vivente”
L’Idea Magazine:L’Accademia di Antiche Conoscenze RosaCroce, che Lei dirige, offre dei corsi. Potrebbe parlarne un poco? Che cosa s’intende con la ricerca del Graal? Domizio Cipriani: Di seguito vi descrivo quattro dei miei corsi universitari della facoltà di “Teoria e fisica quantistica” della Unidemontaigne. (Cliccare sull’immagine)
L’Idea Magazine: Lei asserisce che “Il comitato scientifico del nostro centro studi Monégasco sta sviluppando con l’università di Monaco, la possibilità di realizzare una nuova facoltà di fisica quantistica per consentire a tutti gli interessati di approfondire questo interessante percorso, molto apprezzato dai giovani”. Ottima idea, direi, ma poi aggiunge che “lo scopo dei corsi è quello di far apprendere le tecniche necessarie a vivere nel momento presente, la chiave della felicità e del successo verso il benessere, ed imparare a cogliere la saggezza dal silenzio ed usare il silenzio per creare e diventare attore della tua vita e non effetto delle situazioni”. E qui la perdo, perché non riesco a capire la connessione tra la fisica quantistica e le tecniche da Lei menzionate. Potrebbe esplicare meglio questo soggetto? Voleva forse riferirsi alla filosofia quantistica?
Domizio Cipriani: Vi rimando ad una mia intervista andata in onda in prima serata su TELECOLOR nella trasmissione Laboratorio salute, nella quale con l’Ing Vota spieghiamo che la fisica quantistica o coscienza collettiva, è stata sviluppata il secolo scorso seguendo le antiche conoscenze spirituali. La trasmissione intitolata esoterismo templare e spiritual quantum coach.
L’ingegnere Giovanni Maria Vota, breathariano a fasi alterne (si nutre di sola energia anche per due o tre mesi senza mangiare e bere nulla), ha cercato di “Ingegnerizzare la spiritualità e l’esoterismo”. Questa è stata un po’ l’idea-guida del suo percorso quando ha iniziato ad occuparsi di spiritualità ed esoterismo per perseguire precisi obiettivi di business alla fine degli anni Novanta. Ovviamente suscitò scompigli e scetticismo tra tutti: gli ingegneri che non capivano cosa c’entrasse la disciplina matematica dell’ingegneria con qualcosa che “non è scientifico”; gli spirituali che si vedevano accostati ad ingegneri e peggio al business; chi si occupa di business che si ritengono persone “con i piedi ben piantati per terra” per fare profitto e che non si occupano di velleità “new age”.
Da buon ingegnere quando studiò le pratiche spirituali ed esoteriche gli sembrava davvero tutto molto “fumoso”. Fu incoraggiato in tutto questo da Karl Gustav Jung che gli “parlò” molto chiaramente con la sua prefazione all’I King. Cosa vuol dire “ingegnerizzare l’esoterismo e la spiritualità”? L’ingegnere è colui che crea prodotti e soluzioni che siano usufruibili da tutti. Per esempio, chiunque oggi può parlare con qualcun altro dall’altra parte del Mondo usando un “semplice” cellulare, senza doversi minimamente preoccupare dell’enorme complessità tecnologica, scientifica e organizzativa che sottostà […]. Così iniziò con molta pazienza e passione a studiare tutto ciò che riteneva potesse dargli delle chiavi di lettura: la lingua sanscrita, le tradizioni orientali e sciamaniche, quelle Hawaiane dei Kahuna, aborigene australiane, Medicina tradizionale cinese, naturopatia, e così via. E mano a mano, praticava e sperimentava nella sua vita e nel business. In questo studiare scoprì alcune tecniche davvero fantastiche, che “funzionano” ma non era però soddisfatto perché non rispondevano ad un’altra domanda fondamentale: “Perché funzionano?”. Senza questa risposta si ricade o nella fede religiosa, o nella pratica magica, o in un meccanismo di dipendenza o superstizione. Ancora una volta fu Karl Gustav Jung a guidarlo: “Rendi cosciente l’inconscio altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”. Perfetto! E così iniziò un approfondito viaggio nell’inconscio o subconscio, l’ipnosi, le tecniche regressive ipnotiche, per poi arrivare al Superconscio. In parallelo a questi studi però altri studi lo catturarono e furono quelli della fisica quantistica. Per farla breve, l’antica spiritualità e le sue ricerche sulla moderna fisica quantistica gli permisero di creare quelle basi teoriche, su cui creare un metodo di coaching pratico, veloce e “sicuro” che può essere appreso facilmente da parte di tutti al punto che poi ognuno può poi crearsi il suo metodo. Lo Spiritual Quantum Coaching è nato così, come strumento che permette di cambiare la propria vita e volendo anche quella degli altri in una ritrovata armonia tra il razionale e lo spirituale. Perché l’obiettivo è vivere al meglio la nostra vita qui, adesso, su questo pianeta, una vita che riassumevo in uno slogan: “Una vita di Spiritualità, Salute, Sapere, Saggezza, Soldi, Sesso e… ‘Sciampagne!?”. Sì perché è possibile vivere senza soffrire psichicamente e gli insegnamenti ci sono tutti! Si tratta di comprenderli e soprattutto viverli con costanza e determinazione giorno per giorno.
L’Idea Magazine: Secondo quanto mi ha riferito Lei, esiste anche un Forum gratuito suwww.knighttemplar.net, ma quando l’ho visitato si chiede di iscriversi all’Accademia per seguire i corsi, per una cifra simbolica di 20 euro al mese. Non sono riuscito a trovare altre descrizioni del contenuto del Forum o dei corsi. Non capisco bene come ci si possa aspettare una inscrizione ad un corso senza sapere cosa contiene. Mi aiuti a chiarire la mia mente al proposito. Domizio Cipriani: Cliccando nel menù del nostro sito web ufficiale www.knighttemplar.net nella voce forum, potrete avere accesso gratuitamente al nostro forum di metafisica, fornendo solamente uno pseudonimo ed un indirizzo email. Poi per chi volesse seguire il primo livello dei corsi di formazione della nostra accademia che prevede solamente un rimborso spese, potrà visionare tutto il programma ed eventualmente iscriversi cliccando sul pulsante al centro della home page. Utilizzando il menù in alto a destra si potrà accedere e visionare tutti i dipartimenti della nostra istituzione. Lo scopo dei corsi dell’accademia del nostro centro studi, tenuti dai docenti che fanno parte del nostro comitato scientifico sono proprio mirati a far apprendere a tutti le antiche conoscenze spirituali per vivere nel qui ed ora, nel momento presente, senza essere effetto di sensi di colpa del passato o paura del futuro. Questo utilizzando l’emisfero destro del nostro cervello, la nostra parte intuitiva. Per imparare a creare nuove opportunità a crescita esponenziale, utilizzando appunto la connessione con il campo quantico o coscienza collettiva ed il silenzio. I corsi sono aperti a tutti e mettiamo a disposizione le nostre conoscenze per il cammino spirituale individuale. Esperienza da vivere e condividere, mantenendo la pratica ed il proprio credo religioso così come deve essere. Preferiamo non schierarci in valutazioni politiche e religiose per scelta, anche se siamo ovviamente per le chiese, la salvaguardia della famiglia e dei valori cristiani, oltre che dell’etica ovviamente.
L’Idea Magazine: Ci sono altri progetti in fase di evoluzione per l’Ordine dei Templari? Domizio Cipriani: Stiamo realizzando, tramite il nostro centro studi Monégasco, una serie televisiva dal titolo INFINITY, quali guardiani delle antiche conoscenze Rosa+Croce. Potrete visionare il teaser ed il trailer di presentazione, nella sezione opportunamente dedicata, all’interno del nostro sito web ufficiale. https://www.knighttemplar.net/TemplarForum/jsp_2/studyBookInfinity.jsp
L’Idea Magazine: Chi può aderire all’Ordine? Quali sono i requisiti necessari? Domizio Cipriani: Chiunque puo’ avvicinarsi a noi a condizione che abbia voglia di studiare e mettersi in gioco, indossare il mantello non è un privilegio, è una missione divina per aiutare gli altri con amore incondizionato nella gratitudine.
L’Idea Magazine: Ci sono altre sedi dell’Ordine, a parte quella di Montecarlo? Domizio Cipriani: No la grande maison metropolitane d’initiation dell’ordine d’oriente è l’unico punto di riferimento mondiale
L’Idea Magazine: Se Lei potesse incontrare un personaggio storico di qualsiasi epoca, chi sarebbe e che cosa gli o le chiederebbe? Domizio Cipriani: Sicuramente Leonardo, sarebbe un onore condividere con lui la sua espansione di coscienza in tutti gli ambiti
L’Idea Magazine: Un messaggio per i nostri lettori? Domizio Cipriani: Consiglio a tutti la frase estratta dal vangelo di LUCA, credo sia quella più determinante per poter giungere ad una immediata comprensione delle finalità prefisse nella nostra missione: “Perché non c’è nulla di segreto che non debba essere scoperto e nemmeno nulla di nascosto che non debba essere conosciuto e reso pubblico” (LUCA VIII, 17) Grazie mille per l’attenzione, spero di potervi incontrare presto nel nostro bel Principato, auguro una magnifica giornata a tutti, restando a disposizione per ogni eventuale informazione tramite il nostro indirizzo email: templiersmonaco@yahoo.fr Un caro abbraccio, non nobis. Vostro fratello cavaliere Domizio
Melania Dalla Costa è un’attrice, sceneggiatrice, produttrice e attivista italo francese, nata il 25 febbraio 1988 a Marostica. Ha debuttato sul piccolo schermo con un ruolo nella soap Un posto al sole durante la stagione 2014 a cui hanno fatto seguito Immaturi, fiction diretta da Rolando Ravello (2016), e il film Pamuk Prens (2016). Nel mese di settembre 2018, Forbes Italia la sceglie come unica artista per rappresentare, durante l’evento Forbes Live, l’eccellenza Made in Italy. Grazia Arabia, nel numero di febbraio 2020, sceglie Melania Dalla Costa come una delle donne internazionali che ispirano il magazine, grazie al lavoro svolto dall’attrice a livello internazionale.
L’Idea Magazine: Melania, sei il produttore creativo di Magic Fair, boutique sales e production company basata in US, Italia e Russia. Che cosa ti ha portato da essere attrice e sceneggiatrice a questa attività? Melania Dalla Costa: Scrivo sceneggiature perché ho voglia di raccontare storie, situazione e sentimenti di persone che lottano per raggiugere i loro obbiettivi, personaggi che non si abbattono davanti alle avversità, ma si alzano e si impegnano per trovare una soluzione. Grazie a loro lancio un messaggio a tutti: combattete e non arrendetevi perché con amore e coraggio nulla è impossibile. Il cinema è povero di personaggi forti femminili, cerco con le mie sceneggiature di dare spazio alle donne e delle donne sono le protagoniste. Sono attrice perché ho un forte bisogno di comunicare e in qualche modo quando il mio personaggio vince, raggiungendo il suo obbiettivo, vinco anche io. Sono il Creative Producer di Magic Fair LLC perché queste storie bisogna produrle anche e distribuirle, anche se non mi occupo solo dei miei progetti personali, ma certo scegliamo, secondo noi, i migliori film con forti messaggi e con un alto valore artistico e culturale.
L’Idea Magazine: Hanno iniziato a girare in Liguria il film “Umbrella Sky”, del quale sei il produttore associato. Che cosa implica questa tua funzione? Di che cosa parla il film? Melania Dalla Costa: Mi sono occupata di sviluppare la coproduzione tra Italia e Ucraina, un’operazione non facile, è il core business di Magic Fair. Umbrella Sky parla del giovane italiano Michele (interpretato da Simone Costa), che ha radici ucraine, si reca in un villaggio abbandonato dei Carpazi per spargere le ceneri di sua madre. Qui vive suo nonno Michael (Bogdan Benyuk), un ex clown di nome “Buba”. La relazione tra Michael e Michele è accompagnata da una serie di strani eventi che trasformano le cose serie in tragicommedia e uniscono per sempre i destini, un tempo divisi, di nonno e nipote.
Bogdan Benyuk e Simone Costa, i due protagonisti del film Umbrella Sky.
L’Idea Magazine: Parliamo un po’ dei tuoi film come attrice. Sei stata nel cast del successone turco Cotton Prince (Pamuk Prense). Di che cosa trattava il film e che differenza trovasti a lavorare in un cast extraeuropeo? Melania Dalla Costa: Parla della vita di un attore famoso, che all’improvviso si ritrova a perdere tutto e si rende conto che l’unica cosa importante è l’amore, che deve riconquistare. Ho girato a Venezia, all’Hotel Danieli, ed ero l’amante del protagonista. Ovviamente il budget, i doppi ciack, perché ho girato in inglese ed in turco. Un’esperienza che mi ha fatto sicuramente crescere. Ero molto preoccupata all’inizio, ma poi ho vinto l’emozione.
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L’Idea Magazine: L’anno dopo sei stata del film Stato di Ebbrezza, diretto da Luca Biglione, un film molto impegnativo che ha anche partecipato al Marché del Festival del Cinema di Cannes. Può parlarcene un po’? Melania Dalla Costa: Il mio personaggio è Beatrice, una giovane madre tossicodipendente, bipolare e con idee di suicidio. Nel cast c’è Francesca Inaudi ed Antonia Truppo. È stato molto difficile interpretarla perché è lontana dal mio stile di vita. Ho praticato lo sci nordico a livello agonistico per dieci anni e ancora oggi mi alzo alle 6 del mattino per andare a correre. Ho una vita sana. Sono troppo libera ed indipendente per dipendere da qualcuno o qualcosa. Quindi ho dovuto fare un percorso molto difficile frequentando delle cliniche dove ho potuto intervistare pazienti e medici, per affacciarmi al mondo della droga. È stata un’esperienza che non dimenticherò mai. Chi fa uso di sostanze stupefacenti ricerca il coraggio, che non ha, per affrontare delle situazioni, la vita. Beatrice si sente inadeguata perché non è cresciuta in una famiglia che l’ha amata e sostenuta. Ho dovuto portare Beatrice in basso, farle toccare il fondo, tentando il suicidio, tagliandosi le vene e poi l’ho fatta crescere e splendere come un fiore immenso e luminoso. Quando creo un personaggio lo lego ad una canzone e quella di Beatrice è Hallelujah cantata da Jeff Buckley, che tra l’altro è anche il mio cantante preferito. Il testo, però, è stato scritto da Leonard Cohen e spiega che diversi tipi di hallelujah esistono, e tutte le hallelujah perfette e infrante hanno lo stesso valore. Per interpretare Beatrice e affrontare il tema della “disintossicazione” ho dovuto fare un viaggio dentro di me e aprire le porte dei luoghi più bui della mia anima. È stato doloroso anche per me e anche liberatorio. Finite le riprese, per alcuni mesi, ho vissuto in uno stato di limbo per poi rinascere anch’io. Le mie emozioni sono il mezzo per raggiungere l’obbiettivo, quindi devo conoscere me stessa intimamente, e ogni conflitto o battaglia del personaggio altro non è che la lotta nel perseguirlo. Beatrice rivuole la sua vita e riavere la sua stella polare: sua figlia! Beatrice combatte per l’amore.
L’Idea Magazine: Nello stesso annohai girato il film “I Sogni Sospesi”, da tescrittoe diretto dalla regista Manuela Tempesta. Durante la 76’ edizione della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia sei stata anche una delle protagoniste del festival, presentando ufficialmente il film nello spazio della Regione Veneto all’Hotel Excelsior al Lido di Venezia. Che sensazione fa recitare in un film del quale hai creato la sceneggiatura? Questo film tratta un argomento molto delicato, la violenza sulle donne; che cosa ti ispirò a scrivere quella storia? Melania Dalla Costa: Volevo dare voce a tutte le vittime di violenza, che non riescono a denunciare perché si sentono in colpa e colpevoli. Il mio approccio nell’interpretare Marlène è stato molto profondo e allo stesso tempo una grande emozione perché era il mio progetto e soprattutto avevo una grande responsabilità. Grazie a questo progetto l’UNICRI (ONU) mi ha chiesto di diventare la loro testimonial della campagna contro la violenza sulle donne.
L’Idea Magazine: L’anno scorso hai girato come protagonista il cortometraggio Three, diretto da Alberto Bambini. Il filmè stato selezionato come miglior horror al Los Angeles Film Awards 2020. Il regista ha dichiarato: “Ho costruito questo personaggio con l’attrice Melania Dalla Costa che trovo molto professionale e camaleontica. Melania ha costruito dentro di sé una voce capace di descrivere fino in fondo le paure di Camilla”. So che molti attori di alto livello si immedesimano completamente con il personaggio che recitano. È successo così anche a te? Melania Dalla Costa: Io non divento il personaggio, è il personaggio che diventa me. Io sul set devo vivere e non recitare perché bisogna sempre essere fedeli alla verità. Three è stato il mio primo progetto horror, ero molto incuriosita e soprattutto amo sfidarmi e superarmi. Mi piace mettermi in difficoltà.
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L’Idea Magazine: In televisione hai fatto pure molta presenza. Per esempio la tua partecipazione nel 2012 di “Un posto al sole”, serie della quale hai asserito: “Da piccola la seguivo tutti i giorni, tra l’altro è la più longeva in Italia. Ora recito con gli attori che guardavo in televisione e faccio parte della storia. Direi… fantastico!”È stata veramente una esperienza entusiasmante quella di far parte del soap di Raitre? Quanto durò? Melania Dalla Costa: Durò circa un anno e mi sono ritrovata all’interno di una famiglia; per me “Un Posto al Sole” è stata una palestra dove poter imparare, rubare dagli altri attori e migliorare. Da piccola la seguivo davvero tutti i giorni ed è stato pazzesco poi farne parte. Le persone che ci lavorano sono fantastiche e ti fanno sentire a casa. Volevo però darmi altre possibilità e quindi poi fare nuove esperienze ed affacciarmi a nuove opportunità e sfide.
L’Idea Magazine: Hai anche scritto molte sceneggiature per film. Potresti dirci come scegli il soggetto delle tue storie? Sono tutte storie tue? Qual è la sceneggiatura della quale sei più orgogliosa? [possono essere anche più di una] Melania Dalla Costa: Ognuna ha il suo fascino ed è importante per me. Le storie le vedo scorrere davanti a me, fissando un punto, ad esempio guardando fuori dal finestrino. “Medusa”, una storia fantasy, con una supereroina donna, l’ho sognata di notte. Non posso svelare troppo, però le mie storie le vedo per immagini.
L’Idea Magazine: Negli ultimi due anni, hai accumulato molti premi per la tua attività cinematografica. Qual’è il premio che ti è più caro? Melania Dalla Costa: Non festeggio mai i miei successi, ed in questo sbaglio. Non sono molto felice, perché penso sempre che il meglio arriverà e per questo devo ancora lavorare molto. Le mie amiche mi sgridano per questo. Ho vinto premi come miglior attrice a Las Vegas, Los Angeles, New York, ma vivo tutto ciò come cose normali, con umiltà e semplicità. Sono il risultato del mio lavoro e quello della mia squadra.
L’Idea Magazine: Come attrice hai già alle spalle un curriculum da invidiare, ma ti sei dimostrata anche una modella di successo; hai presentato modelli di Chanel, sei stata immortalata da fotografi di alto nome e sei apparsa sulla copertina di molte riviste. Quale è stata l’esperienza più eccitante in questo campo? Quale è stata la tua prima passione? Fare l’attrice o la modella? Melania Dalla Costa: Il lavoro come modella è arrivato prima, anche se dall’inizio volevo lavorare, invece, come attrice. Quest’anno sono stata sulla copertina de L’Officiel Italia, in edicola, e su quella di Harper’s Bazaar Serbia, sempre in edicola, per parlare dei mie nuovi progetti come attrice. Il mondo della moda mi piace molto, ma quello dell’attrice è magico.
Melania in una delle foto pubblicitarie per Chanel.
L’Idea Magazine: Artribune, il più autorevole magazine culturale italiano, ti ha definito come La Musa di Giovanni Gastel (icona internazionale della fotografia). A conferma di ciò, sei stata, tra il 2018 e il 2019, la protagonista e l’unico soggetto della mostra “Cattura” del famoso fotografo. Tu sei d’accordo su questa definizione? Melania Dalla Costa: Penso che Giovanni Gastel sia uno dei fotografi contemporanei più bravi. Non pensavo potesse nascere una collaborazione tra noi, anche se io la desideravo molto. Ci siamo conosciuti ad un evento di Vanityfair. È nato tutto in quel momento. Abbiamo fatto un servizio fotografico di un intero giorno. Giovanni Gastel dice di avermi scelta perché ho dei tratti che gli ricordano quelli di Claudia Cardinale e di quelle attrici lì. A volte mi sento come se non appartenessi a questa epoca, preferisco non uscire la sera e magari ascoltare musica classica o studiare. È un po’ la mia dimensione, estraniata dalla nostra società.
L’Idea Magazine: In aggiunta alle tue attività di attrice, sceneggiatrice e modella, ti sei data da fare anche come attivista, e sei stata la testimonial della campagna 2019 contro la violenza sulle donne delle Nazioni Unite (UNICRI). Noto adesso il legame con la tua scelta della sceneggiatura per “I Sogni Sospesi”… Che cos’è l’UNICRI? Che cosa ti ha fatto scegliere questa campagna? Che attività erano legate a questa campagna? Melania Dalla Costa: Il 25 novembre l’Assemblea Generale dell’ONU ha ufficializzato una data che fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981. Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leonidas Trujillo, il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni. Il 25 novembre 1960, infatti, le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente. Ho deciso di partecipare a questo prestigioso progetto, e sono onorata di averne fatto parte, perché con tutte le mie forze ed il mio cuore voglio aiutare chi soffre. Il tema della campagna scelto per il 2019 s’incentra sull’uguaglianza di genere e rappresenta una chiamata collettiva contro lo stupro. Secondo l’ONU ancora oggi una donna su tre è vittima di forme di violenza nell’arco della sua vita. In tempi di guerra e di pace e in ogni paese, le donne subiscono abusi sessuali. Lo stupro si radica nelle credenze patriarcali, nelle dinamiche di potere e nel bisogno di controllo. Questi sono in larga misura gli elementi alla base di società dove la violenza sessuale è pervasiva, troppo spesso ignorata e ridotta a un fatto della quotidianità. Negli ultimi anni la voce delle sopravvissute e degli attivisti ha generato una reazione mondiale e raggiunto un crescendo che non può più essere ignorato. Una richiesta di cambiamento che sta producendo effetti ovunque. La giornata internazionale del 25 novembre vuole inoltre essere un richiamo all’emancipazione delle donne e delle ragazze in ogni settore e in ogni paese. Oggi più che mai è necessario rispondere a questa chiamata per creare le condizioni di una società dove le donne non siano più discriminate e abusate. L’UNICRI è l’Istituto dell’ONU che si occupa di prevenzione del crimine e rafforzamento della giustizia come basi fondamentali per la protezione dei diritti umani e dello sviluppo. Dall’anno della sua creazione (oltre 50 anni fa), si è occupato di vittime di abusi e di promuovere la protezione dei segmenti più vulnerabili della popolazione attraverso ricerca, assistenza, empowerment, riforme legali e attività di formazione. La campagna racconta, per immagini, la storia di una donna vittima di violenza.
L’Idea Magazine: A parte “Umbrella Sky”, hai altri progetti in lavorazione o perlomeno in fase di sviluppo? Melania Dalla Costa: Almeno 12, ma non vorrei e non posso svelare di più. Credo fermamente in ciò che faccio e tutto quello che inizio lo porto a termine.
L’Idea Magazine: Sogni nel cassetto? Melania Dalla Costa: Un attico a New York e avere tempo per me stessa, anche se non dovrebbe essere un sogno, ma ho sempre pochissimo tempo per me.
L’Idea Magazine: Se potessi incontrare un personaggio del passato o del presente, chiunque sia, e poter porre qualsiasi domanda, chi sarebbe la persona in merito e che cosa chiederesti? Melania Dalla Costa: Vorrei incontrare Gesù, ma la domanda è un segreto.
L’Idea Magazine: Un messaggio per i nostri lettori? Melania Dalla Costa: Sognate in grande!
Per saperne di piu` su Melania visitate il suo sito! Cliccate qui
Dopo gli studi superiori ha iniziato a lavorare nel bar di famiglia, il Lino Bar a Roma, attività a cui nel corso degli anni ha affiancato quella di scrittore. Il suo primo romanzo, “Il primo caffè del mattino” (2013), è stato definito un caso letterario. Nel 2014 pubblica “Mi arrivi come da un sogno”, a cui segue, l’anno successivo, “Vorrei che l’amore avesse i tuoi occhi”, e nel 2017 “Ti vedo per la prima volta”. Nel 2018 esce “L’ultimo caffè della sera”, sequel de “Il primo caffè del mattino”. Dopo aver autopubblicato “Bosco bianco” nel 2019, quest’anno ha pubblicato il suo romanzo “Una storia straordinaria”. Diego Galdino è pubblicato anche in Germania, Austria, Svizzera, Polonia, Bulgaria, Serbia, Spagna e Sudamerica.
L’Idea: Il tuo primo romanzo¸ “Il primo caffè del mattino”, è del 2013 ed ha un titolo che lega con la tua attività di barista. È questa una coincidenza o qualcosa di voluto? Puoi parlare un poco del libro e dei suoi personaggi? Diego Galdino: Il titolo richiama il brano finale del romanzo…”Io voglio soltanto bere con te il primo caffè del mattino mi basta questo, ma dev’essere ogni mattina per il resto della nostra vita. Ti va?” Questo romanzo nasce per la voglia di rendere omaggio al Bar dove sono nato, nel vero senso della parola, perché a mia madre le si ruppero le acque proprio dietro al bancone del Bar dove io ancora oggi preparo i caffè ai personaggi della storia che sono tutti realmente esistenti. Il primo caffè del mattino è un romanzo che parla d’amore, di Roma e del caffè, in pratica della mia vita.
L’Idea: In Sudamerica il tuo romanzo “Il primo caffè del mattino” è diventata una bibbia per gli amanti di caffè e molte aziende utilizzano le frasi per promuovere i loro prodotti. Oltre a ciò, stato tra i protagonisti di un documentario svizzero sul caffè, “La pulpa und die bohne”.Penso che sarai orgoglioso di quanto importante siano diventati il tuo libro e la tua lunga esperienza con il caffé… Diego Galdino: Faccio ancora fatica a considerarmi uno scrittore di fama internazionale… Quindi ancora oggi sono il primo a restare stupito del mio successo planetario. Essere invitato a Zurigo come ospite d’onore alla prima di un documentario internazionale riguardante il caffè è stata un’esperienza indimenticabile. Addirittura concludere il documentario leggendo un brano del mio primo romanzo Il primo caffè del mattino è stato un sogno a occhi aperti.
Diego Galdino. Il suo romanzo (Il primo caffè del mattino ) è diventato un caso letterario, l’autore lo ha scritto all’alba prima di servire i caffè al bancone del bar… (Corriere della Sera, 30 dicembre 2013)
È un documentario che racconta la storia del caffè dalle piantagioni più famose al bancone del Bar su cui viene servito alla fine di un percorso lunghissimo e tra tanti banconi su cui poggiare quella tazzina finale; aver scelto proprio il mio è stato come vincere un premio Oscar. Considero il Bar dove lavoro la mia casa, ho imparato a camminare davanti al bancone, dormivo in una culla accanto al bancone, mi sono innamorato per la prima volta dietro al bancone. Tutta la mia vita ruota da sempre intorno a questo bancone. Il caffè mi scorre nelle vene e mi emoziona tantissimo quando le persone mi scrivono presentandosi con il nome e il tipo di caffè che sono soliti prendere, come fanno i personaggi del mio libro.
L’Idea: Diego, come e quando incominciasti a sentirti scrittore e non più solo barista? Diego Galdino: Ho iniziato a scrivere per una ragazza a cui ero molto legato. Un bel giorno lei mi mise in mano un libro e mi disse: «Tieni, questo è il mio romanzo preferito, lo so, forse è un genere che piace più alle donne, ma sono certa che lo apprezzerai, conoscendo il tuo animo sensibile». Il titolo del romanzo era Ritorno a casa di Rosamunde Pilcher, e la ragazza aveva pienamente ragione: quel libro mi conquistò a tal punto che nelle settimane a seguire lessi l’opera omnia dell’autrice. Il mio preferito era I cercatori di conchiglie. Scoprii che il sogno più grande di questa ragazza era quello di vedere di persona i posti meravigliosi in cui la Pilcher ambientava le sue storie, ma questo non era possibile perché un grave problema fisico le impediva gli spostamenti lunghi. Così, senza pensarci due volte, le proposi: «Andrò io per te, e i miei occhi saranno i tuoi. Farò un sacco di foto e poi te le farò vedere». Qualche giorno più tardi partii alla volta di Londra, con la benedizione della famiglia e la promessa di una camicia di forza al mio ritorno. Fu il viaggio più folle della mia vita e ancora oggi, quando ci ripenso, stento a credere di averlo fatto davvero. Due ore di aereo, sei ore di treno attraverso la Cornovaglia, un’ora di corriera per raggiungere Penzance, una delle ultime cittadine d’Inghilterra, e le mitiche scogliere di Land’s End. Come promesso feci decine di foto al mare, al cielo, alle scogliere, al muschio sulle rocce, al vento, al tramonto, per poi all’alba del giorno dopo riprendere il treno e fare il viaggio a ritroso insieme ai pendolari di tutti i santi d’Inghilterra che andavano a lavorare a Londra. Un giorno soltanto, ma uno di quei giorni che ti cambiano la vita.
Diego Galdino – Scrittore Barista – fotografo: Benvegnù – Guaitoli
Rientrato a Roma feci sviluppare le foto e creai un album con accanto a ogni immagine la fotocopia di una pagina del libro di Rosamunde Pilcher. Purtroppo, qualche giorno dopo, a causa dei suoi problemi di salute, la ragazza fu costretta a trasferirsi con tutta la famiglia in un’altra città. Così decisi di scrivere una storia d’amore che a differenza della mia finisse bene e non ho più smesso, fino ad arrivare a Il primo caffè del mattino…
L’Idea: “Il viaggio delle fontanelle” è un altro titolo del tuo primo romanzo o un altro romanzo?
Diego Galdino: Il viaggio delle fontanelle in realtà è una specie di guida turistica in ebook scaricabile gratuitamente da Amazon. Fu estrapolata dal libro Il primo caffè del mattino dalla casa editrice Sperling & Kupfer per promuovere l’uscita del libro. Una passeggiata che fanno i due protagonisti della storia attraverso la città di Roma alla ricerca di fontanelle molto particolari dislocate nei posti più caratteristici della città eterna.
L’Idea: Quanta influenza ha Roma sulla tua vita in generale e sulla tua attività creativa di scrittore? Diego Galdino: Mi sento molto fortunato ad essere un autore nato e cresciuto in quella che da più parti viene considerata come la più bella città al mondo. Inserirla come una dei protagonisti delle mie storie è partire con un grande vantaggio. Come dico sempre Roma è una città che non finisce mai. Puoi viverci una vita intera e l’ultimo giorno della tua esistenza trovare un angolo meraviglioso che ancora non avevi mai visto.
L’Idea: “Mi arrivi come da un sogno”, il tuo romanzo del 2014, tratta l’argomento dell’amnesia? Puoi parlarcene un poco? Diego Galdino: Mi arrivi come da un sogno è un libro molto particolare perché parla di un uomo che deve far innamorare due volte la stessa donna ricominciando da un ciao. Perché la donna in questione dopo aver vissuto con lui a Roma un’intensa storia d’amore perde la memoria cancellando completamente dalla sua vita l’uomo che tanto aveva amato. Per tornare insieme a lei l’uomo partirà alla volta di Siculiana, un paesino della Sicilia affacciato sul mare, dove le tartarughe marine vanno a nidificare.
L’Idea: Una classica storia d’amore tra persone apparentemente opposte come carattere, il tuo romanzo “Vorrei che l’amore avesse i tuoi occhi” è del 2015. Hai continuato con la vena romantica anche in questo. Dobbiamo credere che tu abbia scelto di scrivere solo storie d’amore? Come si differenzia questo romanzo dai precedenti? Diego Galdino: La cosa principale che differenzia Vorrei che l’amore avesse i tuoi occhi dai miei romanzi d’amore precedenti è che questo romanzo non ha Roma tra i suoi protagonisti. Il proscenio se lo prende uno dei più bei paesini della campagna senese. In questo paese della Toscana un pittore australiano con un difficile passato sentimentale alle spalle e una maestra della scuola elementare della cittadina a cui la vita ancora non ha fatto incontrare il vero amore si trovano come se si stessero aspettando da sempre. Io scrivo romanzi d’amore perché sono innamorato dell’amore da sempre. Non potevo che scrivere questo genere di storie perché nel mio cuore ho un’immensa voglia di raccontare il sentimento più importante di tutti.
L’Idea: “Ti vedo per la prima volta”, romanzo del 2017, ritorna a Roma e presenta due innamoramenti, quello con un simpatico cicerone e quello con la città. Oltre a ciò, però, affronta il tema della narcolessia, un tema serio che ti avrà guadagnato molte simpatie… Diego Galdino: Ho deciso di scrivere una storia con un protagonista affetto dalla Narcolessia la terribile malattia del sonno dopo aver letto su un quotidiano un’intervista di un ragazzo narcolettico. Rimasi molto colpito dalla sua frase…”I narcolettici non possono pronunciare le parole ‘Ti amo’ perché quando essi provano una grande emozione rischiano di addormentarsi. Per uno scrittore di romanzi d’amore questa era una cosa tremenda, così ho deciso di scrivere Ti vedo per la prima volta per parlare degli effetti drammatici di questa malattia sulla vita di una persona, ma con la giusta dose di forza e speranza che l’amore può donare. Un libro che mi ha fatto diventare amico di tanti narcolettici che hanno apprezzato la mia storia fino a considerarmi uno di famiglia, forse una delle mie soddisfazioni più belle.
L’Idea: Dove trovi l’ispirazione per i tuoi libri? Diego Galdino: Quasi sempre da immagini di posti o di persone. Li guardo e con la fantasia cerco di creare un mondo intorno a loro…Un mondo dove l’amore è il centro di ogni cosa.
L’Idea: Hai scritto esclkusivamente romanzi rosa o romantici. Tu credi che a questo tipo di trama siano interessate solo le giovani donne o hai la conferma che interessi anche il pubblico in generale, uomini inclusi? Diego Galdino: È ovvio che il genere romantico sia letto prevalentemente da donne, di sicuro quasi sempre più sensibili della gran parte degli uomini. Ma io scrivo le mie storie affinché possano essere lette e apprezzate da tutti. Infatti sono molto lusingato di avere tra i miei lettori anche tanti uomini sparsi in tutto il mondo a dimostrazione che l’amore è una lingua universale alla portata di qualsiasi essere umano.
L’Idea: “L’ultimo caffè della sera”, del 2018, è l’ultimo tuo romanzo pubblicato con la casa editrice Sperling & Kupfer, del Gruppo Mondadori.Cosa ti ha portato a questo cambiamento? Di che cosa tratta il libro? Diego Galdino: L’ultimo caffè della sera è il sequel del mio primo romanzo Il primo caffè del mattino, ma l’ho scritto in modo che non fosse obbligatoriamente necessario aver letto Il primo caffè del mattino per apprezzarne la storia. È stato per me come chiudere un cerchio, tracciare una linea sulla mia vita di scrittore barista e ripartire da lì, consapevole che c’era ancora tanto da imparare, tanto da raccontare e tanto da scrivere e ho preferito farlo con una casa editrice diversa pur restando legato e molto grato alla Sperling & Kupfer del Gruppo Mondadori.
L’Idea: Hai autopubblicato “Bosco Bianco” nel 2019. Di che cosa parla? Come mai questa tua scelta di autopubblicarti? Diego Galdino: Bosco Bianco nasce tanti anni fa in un periodo molto difficile della mia vita. Avevo appena divorziato e per uno scrittore di romanzi d’amore era una grande sconfitta. La paura di non poter più vivere quotidianamente le mie figlie, il senso di colpa per aver tolto loro una famiglia normale, o la possibilità di addormentarsi con la consapevolezza che in caso di un brutto sogno ci sarebbero stati entrambi i genitori a rassicurarle ha fatto sì che io proiettassi queste cose sul protagonista della mia storia. Un uomo bisognoso di tornare a credere nell’amore e che lotta per recuperare la serenità e per dimostrare alle proprie figlie di essere un buon padre. Ho amato la possibilità di tornare a respirare la speranza proiettando sui personaggi della storia la mia voglia di poter essere nuovamente libero di credere che tutto sarebbe finito bene grazie all’amore. A distanza di tempo ho deciso di autopubblicare questa storia proprio perché la sentivo mia in modo molto introspettivo, intimista e non volevo ingerenze da parte di un editore. Volevo decidere tutto io, dal titolo alla copertina.
Lo hanno definito il Nicholas Sparks italiano. Diego Galdino, scrittore-barista romano autore di bestseller come Il primo caffè del mattino (che presto diventerà un film) (La Repubblica, 26 aprile 2017)
L’Idea: Sei ritornato ad un editore (LeggereEditore, Gruppo Fanucci) con il tuo ultimo romanzo, “Una storia straordinaria”. Vorresti parlarne un poco per i nostri lettori? Diego Galdino: Sono tornato a pubblicare con un editore importante perché l’autopubblicazione purtroppo non ti garantisce la possibilità di essere sugli scaffali di tutte le librerie, cosa fondamentale per un libro e per un autore. Una storia straordinaria è un romanzo che meritava il massimo che io potessi dargli. Un romanzo che parla di resilienza, di coraggio, di speranza, di destino, anime gemelle, una storia vissuta attraverso i cinque sensi e lo sfondo di una Roma mai vista, una Roma da sentire con il cuore…
L’Idea: Hai altri progetti ai quali stai lavorando? Diego Galdino: In questo momento sto scrivendo una storia d’amore un pò Fantasy. Non so se e quando sarà pubblicata, diciamo che sto sperimentando qualcosa di nuovo forse principalmente per me stesso. Nel frattempo mi godo i passi di avvicinamento ad un sogno che piano, piano si sta realizzando. Vedere tramutate in immagini le mie parole scritte grazie ad uno dei più importanti produttori cinematografici e televisivi europei che ha deciso di fare un film tratto dal mio primo romanzo Il primo caffè del mattino.
L’Idea: I tuoi romanzi sono stati tradotti in molte lingue ed hanno molto successo in varie nazioni… Diego Galdino: Sì è una cosa bellissima vedere tante persone che vivono all’estero approfittare di una vacanza a Roma per venire da me al Bar a farsi autografare un libro, farsi una foto insieme a me dietro al bancone del bar e farsi preparare un caffè speciale come capita ai personaggi delle storie che hanno tanto amato.
L’Idea: Un sogno nel cassetto? Diego Galdino: Salire sul palco per ritirare il premio Oscar vinto come miglior sceneggiatura originale per un film tratto da un mio romanzo.
I sogni migliori sono quelli fatti ad occhi aperti perché sei tu a decidere quando farli finire e non il Corona Virus… (Diego Galdino)
L’Idea: Se tu avessi l’opportunità di incontrare un personaggio di tua scelta, del passato o del presente, chi sarebbe? Diego Galdino: Sicuramente Jane Austen, è lei la mia stella polare; nel mio piccolo cerco di emularla cercando con le mie storie di rendere leggendario l’ordinario. Il mio libro della vita, la prima cosa che porterei in salvo, dopo le persone care, da una casa in fiamme è il suo Persuasione, di cui custodisco gelosamente una rara copia del 1890.
L’Idea: Un messaggio per i nostri lettori? Diego Galdino: Non smettete mai di leggere perché, dopo fare l’amore, è la cosa più bella che possa fare un essere umano.
A ottant’anni dalla scomparsa, il matematico e fisico Vito Volterra – fondatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche e uno dei dodici docenti universitari italiani che si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, una delle figure più importanti e coraggiose della cultura italiana – rivive in una storia a fumetti: “La funzione del mondo. Una storia di Vito Volterra” (pagine 112, Euro 16,00).
Scritta da Alessandro Bilotta e disegnata da Dario Grillotti, la graphic novel arriverà in libreria oggi, giovedì 26 novembre, con la prefazione del Presidente del Cnr, Prof. Massimo Inguscio. Il libro nasce dalla collaborazione tra Feltrinelli Comics e Cnr Edizioni, casa editrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il volume sarà presentato a “Futuro Remoto” venerdì 27 novembre alle 11:15 a cura dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo M. Picone (CNR-IAC) e dell’Unità Comunicazione e Relazioni con il Pubblico del Cnr. Intervengono Andrea Plazzi, traduttore, saggista ed editor; Roberto Natalini, direttore del CNR-IAC, matematico, divulgatore; Alessandro Bilotta; Dario Grillotti, che disegnerà dal vivo in diretta; modera Alessandra Drioli, Fondazione Idis-Città della Scienza.
Volterra e il libro saranno ancora ricordati il 2 dicembre dalle ore 15 nella trasmissione web #lamiavitadopoilcovid del CNR sui canali social dell’Unità comunicazione Cnr: con il presidente Inguscio, lo storico Giovanni Paoloni, il direttore di Feltrinelli Comics Tito Faraci e un’intervista a Virginia Volterra a cura di CnrWebTv, conducono Silvia Mattoni e Max Mizzau Perczel, regia di Roberto Natalini.
“La funzione del mondo. Una storia di Vito Volterra” offre l’opportunità di conoscere un uomo tutto di un pezzo, un matematico che si oppose al fascismo e ne dovette pagare le conseguenze, tanto più acuite dopo le leggi razziali, essendo ebreo. Una storia a fumetti che è stata ben impostata da Alessandro Bilotta ed ottimamente illustrata da Dari Grillotti, mantenendo tanto l’enfasi sulle sue conoscenze matematiche quanto sulla sua vita personale e sui suoi rapporti. Una immagine, quindi, ben bilanciata che ci permette di capire le decisioni di questo straordinario italiano anche non essendo dei matematici o degli scienziati. Il libro apre una finestra su questo personaggio e certamente è una incitazione ad approfondirne la conoscenza.”
Nata nel 1951 a Caracas, Venezuela, Raffaella Corcione Sandoval oggi vive e lavora a Roma. È Accademico con Medaglia d’Oro dell’Accademia Italia delle Arti delle Lettere e delle Scienze (1979), Accademico della Pontificia Accademia Tiberina di Roma (2009) e Membro Honoris Causa dell’Accademia Arsgravis Arte y Simbolismo di Barcellona (2010). Ha frequentato il triennio di specializzazione teologica presso la Facoltà di Teologia dei Gesuiti a Napoli (1985/7) e ha visitato per trent’anni l’India approfondendo il pensiero filosofico Buddista e Induista. Ha inoltre conseguito la qualifica di Stilista all’Accademia della Moda di Roma (1987). Pittrice, scultrice e designer nota a livello nazionale e internazionale, ha esposto in Svizzera, Stati Uniti, Germania, Spagna, Cina, Arabia; ha tenuto inoltre numerose mostre in ogni parte d’Italia in diverse gallerie e musei. Si è imposta al grande pubblico sulla scena dell’arte contemporanea nel 2005 con la sua scultura “Sindone Partenopea” (calco in gesso e tessuto cristallizzato – tecnica di sua invenzione), esposta anche nel corso della grande Mostra “Il Velo” al Filatoio di Caraglio (Torino, 2006/7). Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private in tutto il mondo. Nel 2020 pubblica il suo primo libro scritto con Theodore J. Nottingham dal titolo “Ella e l’Albero di Mira”, tradotto in quattro lingue; è autrice inoltre di una raccolta di sei racconti illustrati per fanciulli dal titolo “Favole Nascoste”, anch’essa tradotta in quattro lingue.
Tiziano Thomas Dossena: Lei è nata nel Venezuela ma è venuta da bambina in Italia. Quale fu la ragione di questo spostamento radicale per la Sua famiglia? Raffaella Corcione Sandoval: Sono nata a Caracas dove ho vissuto fino all’età di cinque anni; ricordo chiaramente il giorno in cui mio padre prese la drastica decisione di trasferirsi in Italia con tutta la famiglia. Eravamo sul balcone dell’appartamento in cui abitavamo, nell’ultimo edificio da lui costruito: La Galleria Bolivar, due grandi torri comunicanti, tra le prime all’epoca, nel centro di Caracas, a Savana Grande. Passarono a bassa quota una serie di aerei militari, ricordo il rumore assordante e lo spavento di tutti. Segnavano l’inizio della rivoluzione politica capeggiata da Perez Jimenez, che spodestava il presidente in carica Romulo Gallegos.
Tiziano Thomas Dossena: Suo padre diventò ben presto molto conosciuto per il suo rapporto con la Squadra calcistica del Napoli. Quanto la influenzò nelle Sue scelte la notorietà di allora della Sua famiglia?[parli pure del Suo tutore e dei vari rapporti amichevoli se vuole] Raffaella Corcione Sandoval: Era il 1968 quando mio padre ci ha lasciati; aveva solo 48 anni ed io ero una quindicenne che nonostante vivesse in una torre dorata, sentiva fortemente il cambiamento radicale che stavano portando i giovani nella società. Mi sentivo una hippy ribelle costretta ad andare alla prestigiosa scuola del Sacro Cuore, con l’autista di famiglia, al quale chiedevo di raccattare quante più amiche possibili lungo il percorso. Mio padre, seppur acclamato e stimato da tutti, pupillo del Senatore Achille Lauro, purtroppo non fece in tempo a godere della meritata posizione di prestigio raggiunta, quale Presidente della sua amata squadra del Napoli. Mio fratello Giovanni ha scritto un libro che uscirà a breve, dove racconta tutto quello che merita di essere conosciuto su di lui. Papà non poté fermare il mio sogno d’artista e neppure O’Comandante, divenuto in seguito mio tutore e punto di riferimento della mia famiglia.
Tiziano Thomas Dossena: Fino al liceo, ebbe una educazione religiosa ma alla fine scelse l’arte, studiando al liceo artistico. Come mai? Raffaella Corcione Sandoval: Quando manifestai in famiglia, dopo la morte di papà, il desiderio di passare al liceo artistico, avendo frequentato le elementari all’Istituto Nazareth, le medie a Maria Ausiliatrice e all’Istituto Santa Dorotea, e da un paio d’anni all’Istituto Sacro Cuore, mia madre si sentì disperata. Interpellato il Comandante Lauro, fu molto severo con me e mi disse molto chiaramente che avrebbe fatto valutare “spietatamente” i miei quadri dall’esperto che allora scriveva di Arte e Cultura sul suo giornale “Il Roma” e che con mia madre avrebbero deciso di conseguenza. Eravamo tutti in salone, in silenzio, mentre Gino Grassi passava davanti alle mie tele, osservandole con attenzione quando annuì e disse: “Si, in lei c’è un’artista!” Io piansi di gioia, ma forse loro no.
Tiziano Thomas Dossena: Il percorso di un artista è molto spesso difficoltoso per arrivare ad essere riconosciuto. Quando il successo arriva, però, tutto può cambiare. Quale fu il Suo punto in cui si sentì ‘arrivata’? Essere riconosciuta come artista ha influenzato in qualche modo la Sua arte prodotta in seguito? Raffaella Corcione Sandoval: Personalmente penso che un artista non debba mai sentirsi arrivato, c’è sempre così tanto da fare per migliorare sé stessi e trasferirlo in ciò che crea. Essere arrivati non vuol dire vendere ad alte cifre il proprio lavoro ma essere un mezzo di ispirazione per chi si pone domande esistenziali e cerca le risposte che cambiano la visione di noi stessi e della vita. Credo in qualche modo di esserci riuscita. Nel mio percorso di artista indipendente, mi ha guidato porre molta attenzione alle parole e alle reazioni dei critici. Ci sono quelli che amo e stimo di più, non perché famosi, ma perché sono grandi conoscitori dell’arte, guide ed ispirazione, e hanno segnato tappe fondamentali, verso cui nutro una profonda gratitudine. Un ricordo indelebile è quando Achille Bonito Oliva mi disse: “Tu hai tecnica, eleganza e maestria, ti vedo esporre in grandi spazi da sola, come amazzone dell’arte contemporanea italiana”. Gli chiesi di scrivere anche solo questa frase per me, ma mi spiegò il perché non poteva farlo e me è bastato ugualmente averlo sentito, senza mai dimenticarlo. Un altro momento significativo di conferma fu quando Vittorio Sgarbi, che all’epoca abitava a Roma, in Via Santa Maria Dell’Anima, mi chiese di mostrare a lui e ad alcuni suoi ospiti, miei dipinti su cotone “Le Pezze dell’Anima”, e alla fine mi chiese: “Posso averne una? È firmata?” Scelse “Gioia -Dolore” ma in verità gliele avrei donate tutte, tanta fu la mia felicità e l’onore. Il momento in cui mi sono invece sentita riconosciuta è stato nel 2005 alla fine della conferenza stampa di presentazione della mia mostra istituzionale, con 27 giornalisti, in cui ho esposto la scultura “Sindone Partenopea”. Il curatore della mostra, il grande antiquario scrittore e critico Marco Fabio Apolloni, davanti al Sovrintendente Arch. Giuseppe Zampino, (un diamante nel mondo dell’arte che purtroppo ci ha lasciati troppo presto e che non dimenticherò mai) baciandomi la mano disse: “Congratulazioni, Maestro!”. Il mio impegno si intensifica con il trascorrere del tempo nel desiderio di dare il meglio di me attraverso la mia arte poliedrica, augurandomi di poterlo fare fino alla fine dei miei giorni.
Tiziano Thomas Dossena: Come artista visiva, Lei ha esposto in molte nazioni. Quale fu la mostra che la soddisfò di più e perché? Ed il premi più ambito da Lei ricevuto? Raffaella Corcione Sandoval: La mia mostra personale a New York, nel 2004, alla galleria di Abraham Lubelski, publisher di New York Art Magazine, è certamente stata tra le più soddisfacenti; presentai “Danza Cosmica” che ebbe un eccellente riscontro, tanto da programmare con Lubelski un periodo di presentazione del mio lavoro, nel mondo dell’Arte Newyorkese, attraverso i media e stampa, per approdare infine al Museo MoMa. Purtroppo i costi erano troppo alti per me all’epoca, quale artista indipendente e ho dovuto rinunciare, portando con me la soddisfazione di sentirmi un’artista internazionale. Questo è un sogno ancora da realizzare, quello di portare al Moma di New York le mie opere. Tutti i premi che ricevo con grande umiltà, sono per me un riconoscimento ambito e gratificante, ma la qualifica di mamma è senza dubbio il premio più esaltante, perché considero le mie figlie due autentici Capolavori. La più grande, Cristina, è oramai una cittadina americana, vive da molti anni in California, dopo aver lavorato per un lungo periodo alla PIXAR, oggi ha scelto l’arte come professione ed è titolare di una Galleria “Dragonfly Gallery” in procinto di decollare; lei è il mio referente per gli USA. Ha il compito di lanciare nuovi talenti internazionali nel mercato dell’arte, realizzando così un altro mio sogno, quello di fare in modo che i giovani artisti non debbano scendere a compromessi per realizzarsi, ma solo per meritato talento. La seconda, Alessia, è un avvocato esperto di diritto d’autore e dello spettacolo, che vanta anni di esperienza nella contrattualistica cinematografica italiana e internazionale, lavora a Roma e tutela la sua mamma.
Tiziano Thomas Dossena: Nonostante la Sua passione per l’arte, Lei ha anchefrequentato, negli anni ottanta, il triennio di specializzazione teologica presso la Facoltà di Teologia dei Gesuiti a Napoli, e devo dedurre che il Suo interesse per la spiritualità non è casuale. Da che cosa è nato? Raffaella Corcione Sandoval: Ognuno di noi nasce con un’indole ben precisa e una predisposizione che si evince sin dalla nascita. La mia infanzia è stata caratterizzata da episodi così detti “paranormali” che sono sfociati nell’adolescenza, alla preveggenza, attraverso il mondo onirico dei sogni. La mia indole è mistica, non bigotta o espressa e vissuta con fanatismo, ma estatica, allegra e libera. Sono cresciuta in una famiglia cattolica praticante, devota e vicina a Padre Pio, mi sono sposata con il rito ortodosso, e ho cominciato a praticare il Kriya Yoga da molto giovane. Nel corso dei miei viaggi in India ho incontrato il mio Maestro Sri Sathya Sai Baba e conosciuto il Dalai Lama davanti al quale ho fatto il giuramento del bodhisattva. Ho da sempre provato un grande interesse nel voler approfondire le religioni orientali, ma mi sono detta che sarei dovuta partire da quella con cui sono stata battezzata, conoscerla a fondo per poi espandere la mia ricerca. Ne ho parlato con il mio padre spirituale, oggi vescovo, che all’epoca insegnava alla facoltà Teologica dei Gesuiti, in Via Petrarca a Napoli, di fianco a casa mia. Mi ha permesso di frequentare la facoltà nel triennio di specializzazione, ero da sola con una trentina di futuri parroci, nel periodo più difficile della mia vita.
Tiziano Thomas Dossena: Possiamo quindi dedurre che i Suoi molteplici viaggi in India siano legati a questa Sua continua ricerca nel mondo della filosofia e spiritualità. Cosa ha studiato in particolare in India? Raffaella Corcione Sandoval: L’India è un posto magico da cui non si torna uguali neppure dopo un viaggio per turismo. Ho avuto il privilegio di essere un fedele discepolo diretto di Swami Sai Baba, che ho visitato per 30 anni fino a quando nel 2010 ha lasciato il corpo. Egli nel 1990 mi ha concesso di fondare a Napoli il primo Centro Sai Baba e come Presidente, guidare e portare a tutti il suo insegnamento. In India ho imparato a conoscere e a riconoscere me stessa, aprendo un varco di comunicazione diretta tra me e Dio.
Tiziano Thomas Dossena: Oltre all’aspetto artistico e spirituale, Lei ha persino ottenuto la qualifica di Stilista all’Accademia della Moda di Roma, diventando unadesigner nota a livello nazionale e internazionale. In questa sua poliedricità creativa, qual è il rapporto tra queste varie scelte di vita, cioè quanta influenza ha la spiritualità sulla Sua Arte e sulla funzione di designer, e quanta influenza ha l’artista che ha dentro di sè sulla funzione di designer e sulla Sua spiritualità. Raffaella Corcione Sandoval: Viviamo nella più straordinaria opera d’Arte che esiste: la Terra. Siamo circondati dalla perfezione del creato e dalla geometria sacra che ci rivela l’armonia e la bellezza delle forme, dei suoni e dei colori, ispirandoci continuamente. La legge di analogia e corrispondenza del grande Ermete Trismegisto dice “Come in alto in basso” e il Maestro contemporaneo, il grande Gustavo Rol, che ho avuto l’onore di incontrare nel corso di un viaggio in India, ricevendo direttamente da lui alcuni suoi insegnamenti diceva: “Noi siamo espressione dello Spirito Intelligente”, dunque non è possibile scindere l’arte dalla spiritualità, una mente creativa non ha limiti. Nel presentare una mia scultura, “Sindone Partenopea”, ho detto: “Conoscere la propria gamma cromatica emotiva rende talvolta insopportabile la consapevolezza della conoscenza, che essendo propria non ammette alibi” ed è questo che determina il tratto individuale di un artista quale segno significante nelle sue creazioni, siano essi disegni di moda, sculture o pitture.
Tiziano Thomas Dossena: Il Suo libro,“Ella e l’Albero di Mira”, è un’opera biografica. Di che cosa tratta? Raffaella Corcione Sandoval: È una biografia velata e romanzata, dove ho raccontato cose di me che non avrei potuto dire altrimenti, perché fuori dal tempo e dalla comprensione dei molti, cose che nessuno mai avrebbe conosciuto. Come naso, creatrice di essenze profumate, ho sentito l’esigenza di lasciare “metaforicamente” la scia del mio profumo-opera creato nel 2005, dal titolo “Athanor” attraverso il libro “Ella e l’Albero di Mira”, nel nostro fugace passaggio al mondo.
Tiziano Thomas Dossena: Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro? Come ha incontrato Theodore J. Nottingham e cosa vi ha convinti a collaborare al libro? Raffaella Corcione Sandoval: A seguito di un sogno, dove mi veniva indicato dove trovare la persona che mi avrebbe aiutata a confermare intuizioni sulla mia realtà interiore, è nata una relazione di grande stima e rispetto. Seppur oltre oceano, con l’aiuto della tecnologia a distanza, siamo giunti al punto di decidere di collaborare alla stesura delle pagine mancanti del Vangelo di Maria Maddalena, e di chiarire una serie di quesiti teologici secondo lui irrisolti. Attraverso una lunga serie di domande da lui concepite alle quali io ho risposto di getto secondo il mio intuito, creando in seguito la trama e descrivendo episodi della mia vita attuale, adattandoli alla storia. È stato un bellissimo lavoro letterario e spirituale che ci ha gratificati, perché ha dato ad ognuno di noi le risposte di cui avevamo bisogno e la gioia di poter condividere il risultato finale in un momento come quello attuale così difficile per tutta l’umanità
Tiziano Thomas Dossena: È anche in fase di ultimazione una Sua raccolta di sei racconti illustrati per fanciulli dal titolo “Favole Nascoste”. Può spiegare ai nostri lettori la tematica dei racconti e cosa l’ha indotta a scrivere storie per bambini? Raffaella Corcione Sandoval: Le mie nonne sono state i miei primi maestri, fondamentali per la mia vita e non passa giorno che io non senta i loro preziosi insegnamenti manifestarsi nelle più svariate situazioni. Sono diventata nonna da pochi anni e il pensiero di non fare in tempo a trasmettere alle mie nipoti le mie risposte sul senso della vita e le radici delle nostre tradizioni familiari e dei valori umani fondamentali, come quello dell’amore incondizionato, mi ha suggerito di scrivere ed illustrare la collana dei sei racconti nelle “Favole Nascoste”. Di recente ho finito di scrivere e illustrare una nuova favola dal titolo “Nulla è Andato Perduto: L’Arte Salverà il Mondo” dedicata all’introduzione dei fanciulli all’arte e ambientata al Museo Louvre. Le “Favole Nascoste” parlano di Fratellanza, di Cooperazione, di Coraggio, di Riconciliazione, di Conoscenza ed infine di Procreazione, vogliono essere un’alba luminosa su un infinito futuro che noi possiamo solo immaginare, verso cui abbiamo il dovere di indirizzare i fanciulli, vero patrimonio terrestre.
Tiziano Thomas Dossena: Oltre ad essere stilista, designer, pittrice e scultrice è anche scrittrice adesso. Altri programmi in corso? Mostre? Sogni nel cassetto? Raffaella Corcione Sandoval: Chiuderò quest’anno con la mostra personale “Infinitamente Piccolo, Infinitamente Grande” nella Galleria Italia di Parma, Capitale Europea della Cultura 2020. Contemporaneamente, sempre a Parma, nello spazio istituzionale “La Casa della Musica” ci sarà la mia personale “Orizzonte degli Eventi”, quattro grandi tele citate anche nel libro “Ella e l’Albero di Mira”. Covid permettendo. Con una carissima amica stiamo lavorando ad un progetto stilistico, un nuovo Brand, che ho tirato fuori dal cassetto e che ci auguriamo di riuscire a presentare ad Alta Roma la prossima Primavera /Estate. Ma il sogno più coinvolgente al momento è quello di veder diventare “Ella e l’Albero di Mira” un Film, di cui esiste una sceneggiatura e una colonna sonora, “Il Tema di Ella”, creato da un bravissimo amico compositore.
Tiziano Thomas Dossena: Se Lei potesse incontrare e parlare con un qualsiasi personaggio del presente o del passato, chi sarebbe e cosa chiederebbe? Raffaella Corcione Sandoval: Se fisso i miei occhi in uno specchio, sento di essere in contatto con un personaggio fuori dal tempo che mi guida, mi consola, mi sprona e mi ispira: Joshua. Attraverso la scrittura automatica ne ricevo i messaggi, ma talvolta anche da esseri celesti, e chissà potrei decidere di condividerli un giorno attraverso un nuovo libro, solo se sentirò che avrà un senso globale e un momento giusto per farlo. Per quanto riguarda chiedere qualcosa, mi guida una frase che mi disse Sai Baba nel corso di una intervista: “Se chiederai l’amore di Dio avrai tutto il resto di conseguenza”.
Tiziano Thomas Dossena: In questi tristi momenti di isolamento, qurantena e stress, quale funzione vede nella persona dell’artista e dello scrittore? Raffaella Corcione Sandoval: L’artista e lo scrittore, come il musicista e il creativo in generale, devono essere una fiaccola che illumina il percorso di chi ha paura del futuro e dimostrare che l’isolamento è in realtà una opportunità di introspezione, crescita e trasformazione attraverso la bellezza dell’arte che è in ognuno di noi, e si manifesta in tutte le sue espressioni.
Tiziano Thomas Dossena: Un messaggio per i nostri lettori? Raffaella Corcione Sandoval: Sempre e nonostante tutto guardare alla vita come il dono più importante che ci sia stato fatto! A questo proposito Madre Teresa di Calcutta ha scritto una preghiera universale “Inno alla vita” di cui cito solo qualche rigo:
La vita è un’opportunità, coglila La vita è una sfida, affrontala La vita è un mistero, scoprilo La vita è un’avventura, rischiala La vita è la vita, difendila