I PENZ:IRE

“I PENZ:IRE” di Vitantonio Campanile.

Pubblicato su L’IDEA N.64, 1997, NY

Ricordi, osservazioni, riflessioni: ecco i “pensieri” di Vitantonio Campanile che caratterizzano questo suo libro di poesie. I ricordi impregnano le prime tre sezioni, portando con se un po’ di nostalgia e tante immagini che descrivono il nostro passato. Rime limpide, semplici, a schema volutamente forzato, che evocano visioni di cantilene infantili, giochi mai scordati, tradizioni svanite.

Campanile riporta il tutto in un dialetto genuino, musicale, puntando forse solo ad esprimere, come lui stesso asserisce, i propri pensieri in molese, senza eccessive pretese. Ma suo malgrado fa poesia e con convinzione. La sua è una poesia che ha indiscutibilmente un proprio ritmo, vagamente echeggiante di una impronta goliardica. Questo lo si può notare ancor più nella sezione finale, “riflessioni”, dove il tono sarcastico del poeta da ai versi una propria coloritura. E la prova che il poeta si senta più a suo agio in queste riflessioni è che questa sezione è molto più ampia delle altre.

Questa raccolta di poesie è prima di tutto un impegno morale verso il proprio dialetto, che corre il rischio di cadere in disuso. La piacevole presentazione grafica, arricchita di simpatici disegni di Mimma Campanile, e l’interessante scelta di temi, rendono questo volumetto piacevole anche per chi il dialetto non lo comprende, essendo ogni poesia tradotta anche in italiano. Questa traduzione, però, non ritiene sempre la scorrevolezza dei versi dialettali e a volte, nel tentativo di trasferire accuratamente le immagini espresse nelle rime dal molese all’italiano, si crea una leggera forzatura ed i versi perdono un poco la loro autenticità. Un piccolo neo, che non riesce tuttavia a diminuire il valore di questo ottimo volume di poesie.

Bernardo Attolico.

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“BERNARDO ATTOLICO”

di Leonardo Losito.
Pubblicato su L’IDEA N.66, 1997, NY

BERNARDO ATTOLICO, a cura di Leonardo Losito, raccoglie gli atti ed i documenti presentati al Convegno Internazionale di Studi svolto in Adelfia di Bari nel febbraio del 1992. Nativo di Adelfia, allora chiamata Canneto di Bari, Attolico rimane uno dei personaggi più interessante del periodo tra le due guerre. Attivo nella diplomazia, egli decise di continuare a servire l’Italia ed il proprio sovrano anche quando il fascismo prese potere, pur non condividendone le idee. Come lui, furono tanti i “silenziosi soldati del dovere… i Funzionari durante il fascismo. Chi narrerà mai le ingiustizie che subirono, i rischi personali che corsero, la mirabile pazienza di cui diedero prova?…C’è tutta una storia segreta ed eroica della burocrazia italiana, e particolarmente di quella politica, alla quale principalmente si deve se importanti posizioni non sono state compromesse e se capitali interessi sono stati salvaguardati…Fra tutte queste storie, quella tragica di Attolico è certamente la più strana e la più ammirevole”. Ciò che portò Attolico all’attenzione dei suoi superiori fin dall’inizio furono la sua dedizione e la sua abilità nell’impostare schemi funzionali che potessero essere usati in pratica e che non rimanessero solo impostazioni teoriche. Questo lo dimostrò specialmente nel suo impegno nell’emigrazione, “quando tale fenomeno, ingiustamente rimosso dalla nostra cattiva coscienza, assume al principio del secolo le dimensioni bibliche dell’esodo”. Ispettore di Emigrazione negli Stati Uniti, egli convinse il governo italiano a creare scuole per gli emigranti, affinchè questi potessero affrontare con più consapevolezza e preparazione questo periodo potenzialmente tragico della loro vita. Consigliere tecnico alla Conferenza della Pace, Bernardo Attolico si distinse per la sua perspicacia e per le sue abilità diplomatiche. Alto Commissario a Danzica nonchè Vice Segretario Generale della Società delle Nazioni dal 1922 al 1927, Attolico si guadagnò il rispetto non solo degli altri rappresentanti diplomatici, ma anche degli abitanti di Danzica. Questo brillante ed infaticabile figlio della Puglia venne scelto come Ambasciatore nel Brasile, poi nell’U.R.S.S. e quindi in Germania, proprio in funzione della crescente difficoltà che si poteva constatare nei rapporti con tali nazioni. La sua capacità nel trovare soluzioni non compromettenti lo caratterizzò, ma fu anche responsabile del suo trasferimento al Vaticano come Ambasciatore nel 1940: “Sotto le pressioni di Berlino…Mussolini nell’aprile 1940 si decise a richiamare Attolico…Con questa decisione…fu eliminato il più grande ostacolo per l’intervento italiano”. “Abbiamo solo qualche testimonianza del suo travaglio interiore. Attolico intrattenne un rapporto di fiducia con l’Ambasciatore inglese a Berlino, Henderson, con il Segretario Generale della Wilhelmstra§e, con WeizsŠcker, e con l’Alto Commissario della Lega delle Nazioni a Danzica, lo svizzero Burckhardt.“ In certi momenti degli anni cruciali 1938 e 1939, questi rapporti assunsero quasi l’aspetto di una “congiura della pace”. In una conversazione con Burckhardt, durante l’estate del 1939, Attolico asserì: Volevo lasciare questa atmosfera orribile. Ma non posso…Dobbiamo impedire ad ogni costo questa crisi polacca…Non siamo lontani dallo scoppio di una nuova guerra mondiale. Tutto il mondo sembra avere congiurato per provocare la catastrofe. I polacchi si dimostrano ritrosi, qui a Berlino abbiamo a che fare con pericolosi buffoni…Anche in Italia le cose non sono molto migliori…l’influsso di Berlino è pernicioso”. Questo libro su Bernardo Attolico riesce a presentare con chiarezza ed obbiettività la vita di questo grande della diplomazia internazionale, ponendo in luce in special modo i suoi tentativi mirati a far si che l’Italia si astenesse dall’intervento bellico. Interessanti i molti documenti a sua firma, che occupano ben metà di questo volume; con la loro lettura si può penetrare a fondo la situazione, comprendendo non solo le azioni, ma anche i sentimenti dei vari protagonisti dell’epoca a cavallo tra le due guerre. I vari saggi non sono solo interessanti per il loro contenuto storico, ma direi anche piacevoli, pur avendo tutti una impostazione stilistica accademica, perché non si perdono nell’uso ed abuso di un linguaggio elitistico. Questo libro presenta inoltre una piacevole rilegatura, una ottima introduzione dell’organizzatore del Convegno, Leonardo Losito ed una impeccabile impostazione grafica. Valido sotto tutti gli aspetti, dunque, questo volume, pubblicato dall’Editore Schena nel 1994, riesce certamente nell’intento di ricordarci che, anche nei periodi più oscuri per la nostra civiltà, esiste sempre chi non dimentica la differenza tra il bene ed il male e cerca di mutare gli eventi: “Il modello diplomatico di Bernardo Attolico è la linea della preparazione seria, della dignità, della concretezza, un modello in anticipo rispetto al tempo da lui vissuto, ad un tempo di arbitrio e di sottosviluppo materiale, ma certamente adatto al nostro tempo, alle esigenze di un Paese maturo ed avanzato, di una Democrazia industriale, di un Paese che non ha più bisogno di fingere più potenza di quella che aveva o di quella che ha”.

SAN MATERNO

SAN MATERNO. QUADERNI PER LA STORIA DI MOLA


Alle spalle di Mola di Bari, sulla strada per Rutigliano, si trova una collina che ne domina il panorama. Il problema della trascrizione su documenti, guide turistiche e cartine topografiche della corretta denominazione di tale località è stato riproposto innumerevoli volte. Al presente, l’elenco telefonico riporta la zona come San Maderno, la gente del luogo molto spesso la chiama Sammaterno o San Paterno, mentre le guide la citano come San Materno. Chi ha ragione ?

Sotto l’egida comune del Centro Molese Cultura Studi Storico Archeologici, vari autori hanno pubblicato il primo dei Quaderni per la storia di Mola. In esso l’argomento viene affrontato con simpatia ed accuratezza scientifica, offrendo una soluzione che dovrebbe porre la parola fine alla suddetta questione.

Questo volumetto di 76 pagine contiene il testamento dell’Arciprete Giuseppe Zuccarino e quattro saggi che contribuiscono a dare una immagine completa e descrittiva dell’origine del nome della località, seguendo come filo conduttore tale testamento. Come afferma Don Fedele Sforza nella sua premessa all’opera, il libro si rivela utilissimo per gli studi storici della città, appunto perché concertato a più voci, si apre a diversi settori della vita molese del ‘700 e stimola la curiosità del lettore sui diversi aspetti della società di quel periodo.

Questa ricerca è stata stimolata dal rinvenimento fortuito e casuale del testamento Zuccarino presso l’Archivio di Stato di Bari. Con lo studio e la pubblicazione parziale del documento si è voluto dare una risposta storica a vari interrogativi, tra i quali troneggiava l’origine etimologica del nome della suddetta località.

Ebbene, togliamo il suspense alla situazione e vi informiamo che la collina ospita una masseria ed una cappella dedicata a San Materno, martire e vescovo di Milano… San Materno, dunque, il nome di tale zona, grazie alla devozione del famoso Arciprete, del quale viene offerta una breve biografia nel citato volume.

La lettura, del resto, si propone quasi come un giallo, sviluppandosi prima sui rapporti tra Mola e gli Zuccarino per arrivare poi alla derivazione del nome San Materno. Vi è inoltre un saggio sui monti di beneficenza, con diretto riferimento al testamento del famoso Arciprete.

Un libro ben scritto che merita sicuramente l’attenzione dei lettori molesi e che inizia con stile questa serie di opere monotematiche.