Le Viziose Avversioni di Alfredo de Palchi.
Pubblicato su L’Idea N.74, 1999, NY
Il suo linguaggio è fluido, ma scomodo o addirittura ostico a chi non ha dimestichezza con l’erotismo in poesia. Mi perdoni l’autore se traggo un parallelo estetico alle opere di Bruegel, che nella loro immediatezza possono disturbare l’osservatore. Non tutti i lettori, difatti, potranno apprezzare la spontaneità espressiva di Alfredo de Palchi anche se avvezzi all’eros poetico.
Il suo espressionismo lirico è di un’intensità per cui il lettore viene travolto dalle parole in un turbinio di sensazioni che perlomeno gli confondono i sensi e certamente possono deludere od irritare chi è alla ricerca di romanticheria.
Quello che non si trova però è la volgarità gratuita, l’erotismo che rasenta la pornografia o quello mirato a provocare eccitamenti nel lettore. Se provocazioni vi sono, e questo è indiscutibile, queste fioriscono nella inevitabilità dello sfogo artistico di questo grande maestro della penna che ha scelto di esprimere le proprie sensazioni, i propri desideri e dubbi così come gli si sono presentati, senza cercare di attenuarne né l’impeto né l’intensità.
Trovo singolare che, in un libro di poesie a sfondo erotico, quelle che mi hanno colpito di più per la loro scorrevolezza e per il loro immediatezza fanno riferimento non all’atto sessuale, ma bensì al desiderio, alla mancanza fisica della compagna, ai rimpianti, all’inquietudine che sorge nei rapporti prettamente sessuali.
Le sue divagazioni erotiche diventano quindi un’analisi del proprio conflitto, nato da un’atavica necessità di unirsi fisicamente che non conosce moralità o regole. Il suo rapporto con il sesso è tormentato, assillato da immagini spietate e metafore realistiche, ma deliberatamente non sempre gradevoli.
Le Viziose Avversioni
è quindi un titolo più che appropriato per quest’ottimo libro di poesie, edito dalla casa editrice XENOS BOOKS con traduzione a frontespizio.
Considera
quello che ti giustifica fuori posto
con tante menzogne e ti contatta
con una realtà che fingi di capire
ma solo pisoli la sera addosso un sedile;
che aspetto io, seduto qui,
alito sporco, occhi miopi che pungono l’oscuro,
nello stretto passaggio tra le panchine—
corro verso la tua risata
che mi spalanca la porta.
(Le Viziose Avversioni, pag.98)